Mentre il settore industriale e quello bancario sono già stati duramente colpiti dalla recessione, a subirne le conseguenze è ora il lavoro interinale.
Dopo aver largamente beneficiato dei periodi di congiuntura positiva, infatti, le aziende attive nel settore dell’offerta di lavoro stanno accusando i primi colpi e si trovano confrontate ad una pressione sempre maggiore.
Il leader mondiale nel lavoro interinale ha infatti annunciato l’11 agosto scorso una perdita netta di 147 milioni di euro nel secondo trimestre del 2009. Nello stesso periodo dello scorso anno, l’utile ammontava a 212 milioni.
Anche altri attori del settore sono confrontati a difficoltà analoghe: USG People, Hays e Michael Page hanno dovuto eliminare impieghi.
Nella Confederazione continua anche a crescere il tasso di disoccupazione, che nel mese di luglio ammontava al 3,7%. Stando ai dati della Segreteria di Stato per l’economia, le persone prive di un impiego erano 145’364.
Alcuni commentatori sostengono che durante i prossimi dodici mesi potrebbero essere soppressi ulteriori 80’000 posti di lavoro.
Questo particolare contesto si traduce in un periodo di difficoltà per le aziende specializzate nella ricerca di personale, meno sollecitate rispetto al passato. Stando alle previsioni fornite da Manpower nel mese di giugno e relative all’ultimo trimestre del 2009, il 6% dei datori di lavoro interpellati prevede di aumentare l’organico, il 7% di ridurlo e la percentuale restante di mantenerlo invariato.
Che la crisi non sia ancora passata lo dimostra anche il fatto che sul sito internet Jobs.ch sono diminuiti i posti vacanti indicati sul sito, passando dai 30’000 di luglio 2008 ai 23’000 di luglio 2009. Contemporaneamente, il sito è più visitato da parte delle persone alla ricerca di un impiego (+37% rispetto all’anno precedente).
Anche il settore agricolo continua a subire le conseguenze della recessione: fra il 2007 e il 2008 ben 870 aziende agricole hanno chiuso e il settore ha perso 4’500 posti di lavoro.
I più colpiti sono stati i piccoli contadini. Secondo le cifre pubblicate la settimana scorsa dall’Ufficio federale di statistica (UST), in Svizzera si è precipitati da 100mila aziende agricole nel 1985 a 60’894 nel 2008. Questa caduta verticale non risparmia neppure più le produzioni biologiche.
Dopo uno sviluppo di questo segmento fino al 2005, negli ultimi tre anni si è registrata un’inversione di tendenza.
L’anno scorso il numero di queste aziende è diminuito di oltre 200 unità, scendendo così sotto la soglia di 6’000 e il numero di persone attive nel settore agricolo svizzero è slittato a 168’530.
Insomma, a dover pagare la crisi continuano a essere i cittadini più deboli, ossia lavoratori e pensionati. C’è invece chi incrementa i suoi guadagni anche con la crisi. Anche quest’anno, per esempio, le retribuzioni dei quadri sono aumentate del 3-4%.
Un manager guadagna in media 316 mila franchi l’anno; nel primo semestre 2009 la Novartis ha guadagnato ben 4 miliardi di franchi di utile e anche le compagnie assicurative hanno realizzato lauti profitti con la nostra previdenza professionale!
Bruno Palamara
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