Il summit a Bergamo dove i rappresentanti dei maggiori Paesi europei si sono prefissati precisi obiettivi
Il G7 dell’Agricoltura, conclusosi lo scorso 15 ottobre a Bergamo, ha registrato l’impegno delle potenze mondiali nell’agroalimentare, impegno riepilogabile in cinque punti, cinque priorità che dovranno guidare le azioni dei Paesi aderenti e dei loro governi per centrare gli obiettivi contro la fame nel mondo. Tali priorità sono definite nel documento riepilogativo del summit, la ‘Dichiarazione di Bergamo’ e riguardano innanzitutto la tutela del reddito dei produttori agricoli dalle crisi dovute ai cambiamenti climatici e ai problemi economici, con particolare attenzione nei confronti dei coltivatori più piccoli, maggiormente esposti alle perdite derivanti.
Mandato affidato alla Fao, che dovrà studiare azioni concrete ed individuare una definizione comune di eventi catastrofici, attualmente inesistente. Uno degli argomenti più cari ai partecipanti è stato quello riguardante la lotta allo spreco (che oggi coinvolge un terzo della produzione alimentare mondiale), da affrontare con nuove politiche sul tema: in tutti i Paesi andranno incentivate le azioni e rafforzate le norme per ridurre le eccedenze alimentari, come ha sottolineato il Ministro Martina. Tra gli altri obiettivi, l’aumento della cooperazione agricola nel continente africano, dove il 20% della popolazione soffre di povertà alimentare: doveroso e fondamentale a questo proposito il trasferimento di conoscenze e tecnologie nel continente africano, al momento la zona prioritaria di intervento vista l’alta incidenza del problema.
I Paesi aderenti alla Dichiarazione di Bergamo si sono poi impegnati a migliorare la trasparenza nella determinazione dei costi e dei prezzi in difesa del ruolo degli agricoltori nelle filiere, in particolare di fronte alle crisi di mercato e alla volatilità dei prezzi, problemi molto rilevanti negli ultimi anni. Ultimo impegno assunto, quello di adottare politiche concrete ed efficaci per promuovere e valorizzare il legame con la terra d’origine, favorendo la tracciabilità e facendo così chiarezza sulla filiera tramite lo sviluppo di sistemi produttivi legati al territorio e tutelando inoltre il consumatore dalle frodi alimentari.
“La fame è una questione prima di tutto agricola. Per questo abbiamo deciso di aumentare gli sforzi per favorire la produttività sostenibile in particolare in Africa, attraverso la condivisione di buone pratiche per aumentare la resilienza e accompagnare lo sviluppo delle comunità locali”, ha dichiarato il ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina nel suo ruolo di Presidente del G7 Agricoltura.
La ‘Dichiarazione di Bergamo’ è stata firmata da Italia, Stati Uniti, Canada, Francia, Regno Unito, Giappone, Germania ed Unione Europea ed è sostenuta da alcune istituzioni non governative che operano nel contesto agricolo e alimentare, come Fao, Ifad, Unione Africana, Ocse, World Food Program e Slow Food. Secondo uno studio di Oxfam, l’organizzazione che lotta contro la povertà nel mondo, per adattarsi ai cambiamenti climatici, i paesi in via di sviluppo potrebbero dover affrontare costi tra i 140 e i 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, mentre oggi i finanziamenti multilaterali stanziati negli ultimi anni ammontano appena a 345 milioni di dollari.
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