Ministro Singh Deo: “Spero che la legge sia modificata presto”
Il governo della Malesia ha deciso la scorsa settimana di abolire la pena di morte nel Paese: la decisione, acclamata dai gruppi per i diritti umani, è stata annunciata dal ministro delle Comunicazioni e del Multimediale, Gobind Singh Deo.
“Il governo ha accettato di abolire la pena di morte”, ha detto il ministro. “Spero che la legge sarà presto modificata”, ha aggiunto.
Mentre Gobind Singh Deo ha annunciato la novità sulla Malesia, Amnesty International, in occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, che si tiene il 10 ottobre, ha chiesto in una nota che “i prigionieri condannati a morte siano trattati con umanità e dignità e detenuti in condizioni rispettose delle norme e degli standard internazionali sui diritti umani”. Per l’occasione Amnesty International ha lanciato una campagna su cinque paesi “affinché i rispettivi governi pongano fine alle inumane condizioni detentive dei condannati a morte e assumano iniziative in favore dell’abolizione totale della pena capitale”. Tra questi cinque paesi ci sono la Bielorussia, il Ghana, il Giappone, l’Iran e anche la Malesia.
“A prescindere dal crimine che possa aver commesso, nessuno dovrebbe essere costretto a subire condizioni inumane di detenzione. Invece, in molti casi, i condannati a morte sono tenuti in rigido isolamento, vengono privati delle cure mediche di cui necessitano e vivono nella costante ansia di un’imminente esecuzione”, ha detto Stephen Cockburn, vicedirettore del programma Temi globali di Amnesty International.
“Il fatto che alcuni governi notifichino l’esecuzione ai prigionieri e ai loro familiari pochi giorni, se non addirittura pochi minuti prima, aggiunge crudeltà alla situazione”, ha aggiunto Cockburn. “Tutti i governi che ancora mantengono la pena di morte dovrebbero abolirla immediatamente e porre fine alle drammatiche condizioni di detenzione che troppi condannati alla pena capitale sono costretti a subire”, ha proseguito Cockburn.
Sui paesi dove l’organizzazione ha lanciato la campagna, come in Ghana, i condannati a morte denuncerebbero che spesso non ricevono le cure mediche necessarie per curare malattie o disturbi di lunga durata. In Iran, l’organizzazione fa l’esempio di Mohammad Reza Haddadi, nel braccio della morte da quando aveva 15 anni, che ha dovuto subire la tortura di vedersi fissata e poi rinviata l’esecuzione almeno sei volte negli ultimi 14 anni.
In Giappone, Matsumoto Kenji soffre di delirio, molto probabilmente a causa del prolungato isolamento in cui trascorre l’attesa dell’esecuzione, sottolinea Amnesty International e Hoo Yew Wah ha presentato una richiesta di clemenza alle autorità della Malesia nel 2014 ed è ancora in attesa di una risposta.
Mentre il clima di segretezza che circonda l’uso della pena di morte in Bielorussia fa sì che le esecuzioni non siano note all’opinione pubblica e vengano portate a termine senza alcuna comunicazione preventiva ai prigionieri, alle loro famiglie o agli avvocati.
foto: Amnesty International