Dopo L’arrivo di Wang ritorna nelle sale il terribile duo del cinema italiano con una storia liberamente ispirata al sequestro e alla prigionia dell’austriaca Natascha Kampusch
Per gli amanti della tensione è in uscita l’ultimo film dei fratelli Manetti, Paura 3D, una storia claustrofobica e sadica (mentalmente e fisicamente), proprio per la straordinaria capacità dei due registi e sceneggiatori di maneggiare la suspense con un’accorta scelta di tempi, montaggio delle immagini e direzione degli attori. E la tensione, il brivido si fa più palpabile sapendo che il film si ispira ad una storia raccapricciante realmente accaduta, quella di Natascha Kampusch, la ragazza austriaca rapita e tenuta rinchiusa per otto anni dal suo aguzzino.
I Manetti, infatti, hanno apertamente dichiarato di essersi ispirati al famoso fatto di cronaca, donandogli un taglio più dark ed esasperato: “Abbiamo approfondito la vicenda della ragazza austriaca Natascha Kampusch, rapita e segregata per otto anni. Noi l’abbiamo messa in scena in modo molto più spettacolare”. Ma oltre questo riferimento “Paura 3D” vive di citazioni, alcune testuali come il libro dei racconti E.T.A. Hoffman mostrato nella casa dove si svolge la vicenda, altre stilistiche gettando uno sguardo a Dario Argento, Mario Bava e più alla larga a certo horror nipponico. Soprattutto al maestro dell’horror italiano, Dario Argento, i due fratelli guardano per le atmosfere dark e inquietanti: cantine buie, lunghi corridoi, porte chiuse con lucchetti dove si celano misteriose presenze. Sceneggiatura semplice e lineare che si concede qualche sorpresa, soprattutto nell’inaspettato finale, movimenti di macchina veloci che conferiscono il ritmo giusto alla pellicola, riprese dall’alto alternate a quelle dal basso e intensi movimenti a seguire i personaggi per dare un senso di maggior realismo alle immagini e giocare sul forte pathos, tipico degli horror, nell’attesa che qualcosa di sinistro si manifesta ai nostri occhi. Nonostante qualche scena un po’ tragicomica, che di horror ha ben poco, Paura 3D dei Manetti Bros, come sono chiamati nell’ambiente, riesce a creare il giusto mix di ansia, tensione ed inquietudine e nonostante la sensazione di trovarsi di fronte ad un finale già scritto, è bene attendere l’ultima scena per scoprire che il film non è poi così ovvio come può sembrare. La trama: nelle strade della periferia romana dei nostri giorni, scorrono le vite di tre amici: Marco, Simone e Alessandro. Il primo suona in una rock band e spera di diventare famoso, il secondo è un ragazzo talmente noioso e impacciato da essere nuovamente stato scaricato dalla ragazza di turno, e il terzo è un meccanico con la passione per l’alcool e l’erba.
I ragazzi si ritrovano in mano le chiavi di una bellissima villa fuori città. È la villa del Marchese Lanzi, la cui macchina è in riparazione all’officina in cui lavora Alessandro, che sarà via per tutto il fine settimana. Il Marchese è un tipo strano, un ricchissimo collezionista d’auto d’epoca. I tre ragazzi non resistono e si tuffano senza limiti nel lusso della villa. Ma c’è un’unica cosa che non dovrebbero fare: andare in cantina dove è custodito un oscuro segreto. In quest’horror firmato Marco e Antonio Manetti vediamo in azione un ristretto e bravo cast formato da Francesca Cuttica, Domenico Diele, Lorenzo Pedrotti e Claudio di Bigio e soprattutto Peppe Servillo, fratello del più noto Toni ed ex voce degli Avion Travel, che inaspettatamente veste i panni dell’insospettabile orco risultato eccellente nella resa.
Ma il film gode di diversi ottimi elementi come gli effetti speciali curati da Sergio Stivaletti che, nelle scene di violenza esibita ed ostentata, sarebbero bastati a creare quell’effetto di ripugnanza e di orrore che lo spettatore prova davanti alla brutalità di un gracilino e fisicamente innocuo Marchese d’alto borgo; e le atmosfere sonore di Pivio che realizza una colonna sonora ricchi inserti di Hip hop e Rap, che verosimilmente, possono rappresentare generi che anche nella vita reale appartengono ad una giovane generazione, come i tre protagonisti del film. Il genere predominante a cui si ascrive la musica però è il Metal, e si avvale di numerose collaborazioni con gruppi italiani molto famosi sul mercato estero. A questa alternanza di musiche Pivio inserisce un largo uso delle sonorità e dei rumori aumentando in crescendo la sensazione di disagio e inquietudine che pervade gran parte del film.