Rajoy: “Ho deciso di convocare quanto prima elezioni libere, pulite e legali per restaurare la democrazia”
La Catalogna “stato sovrano”. Il via libera alla dichiarazione di indipendenza è arrivato lo scorso sabato dal Parlamento di Barcellona e immediata è stata la reazione del governo di Madrid. Il premier Mariano Rajoy ha destituito il governo catalano e convocato le elezioni per il 21 dicembre.
“Nelle prossime ore dovremo mantenere questo Paese in vita, lo faremo sul terreno della pace, del civismo e della dignità”, ha affermato il presidente della Generalitat catalana Carles Puigdemont, parlando sulla scalinata d’ingresso del Parlamento davanti a 700 sindaci indipendentisti catalani. In migliaia hanno festeggiato a plaza Sant Juame, sotto la sede del governo della Generalitat.
La dichiarazione d’indipendenza, approvata con voto segreto, annuncia la costituzione della “repubblica catalana come stato indipendente e sovrano” e invita il governo di Barcellona a “emettere tutte le risoluzioni necessarie per l’implementazione della legge di transizione giuridica e fondamento della Repubblica”.
Fra le misure, figurano provvedimenti per istituire la nazionalità catalana, la promozione del riconoscimento internazionale, la creazione di una Banca della Catalogna, l’integrazione dei funzionari spagnoli nella nuova amministrazione indipendente, provvedimenti per l’esercizio dell’autorità fiscale, la messa a punto di una lista dei beni dello stato spagnolo presenti in Catalogna per una effettiva successione nella proprietà. Sono previsti anche un negoziato con Madrid e la firma di trattati internazionali.
Dopo il via libera del Senato all’applicazione dell’articolo 155 in Catalogna e al termine di un consiglio dei ministri straordinario, Rajoy ha annunciato la destituzione del presidente della Generalitat catalana e del suo governo, oltre allo scioglimento del Parlamento autonomo di Barcellona e la convocazione di elezioni anticipate in Catalogna il 21 dicembre. Rajoy ha inoltre annunciato la presentazione di un ricorso alla Corte Costituzionale contro la dichiarazione di indipendenza.
“Ho deciso di convocare quanto prima elezioni libere, pulite e legali per restaurare la democrazia” ha detto Rajoy. “Sono le urne, quelle vere, con leggi, controlli e garanzie quelle su cui si può basare la convivenza”, ha affermato il primo ministro, con un chiaro riferimento al referendum sulla secessione, ritenuto illegale.
Nell’applicare l’articolo 155, il governo spagnolo ha destituito anche il segretario generale del dipartimento dell’Interno della Generalitat, Cesar Puig, e il direttore generale della polizia regionale dei Mossos d’Esquadra, Pere Soler. È stata anche decisa la chiusura di tutte le rappresentanze della Catalogna all’estero.
Sulle elezioni di dicembre all’Adnkronos, Moavero Milanesi, già ministro per gli Affari Europei e ora direttore della School of Law dell’Università Luiss, ha detto che potrebbero essere un’occasione che potrebbe diventare un’ufficiale e formale verifica degli equilibri e della volontà degli elettori, almeno “in linea teorica, ma unicamente se vi partecipassero tutte le forze politiche catalane, incluse quelle indipendentiste. E se tutti i contendenti si dichiarassero pronti ad accettarne l’esito, senza contestazioni a priori o successive. A meno che, dalle urne, gli indipendentisti non escano minoritari, anche in questo scenario, resterebbe aperto il quesito di fondo, quello nodale: se prevalgono gli indipendentisti e chiedono, coerentemente, l’indipendenza, cosa si fa? Sarebbe, verosimilmente, indispensabile aprire un tavolo per serrate trattative”.
Questa strada, quindi, è molto teorica, perché le elezioni del 21 dicembre potrebbero essere boicottate dagli indipendentisti, essendo indette dal governo centrale spagnolo. “In effetti, ed è preoccupante rendersi conto – ragiona Moavero Milanesi – che, di fronte ad aspirazioni ben note nella storia, come l’indipendenza e l’autodeterminazione, le stesse democrazie moderne possano trovarsi in ambasce. Che si tratti di Stati federali o centralistici, democrazie o regimi totalitari, la questione dell’integrità territoriale tocca corde ancestrali, resta sensibilissima e di ardua soluzione”.
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