Raccontaci di te…
Mi chiamo Tony Però, sono originario di Bari, ma nel 1961 mia mamma mi ha portato in Svizzera, avevo 15 anni. Ho dovuto aspettare per poter lavorare, ho iniziato nella ditta di telefoni dove lavorava mio padre, nelle centrali telefoniche. La mia passione, però, era suonare la batteria, suonavo già in Italia da quando avevo 9 anni, e anche qua ho iniziato ad avere contatti con musicisti. A Zurigo c’era un’orchestra molto popolare, Artuso, che mi chiese se volevo suonare con loro. A me non interessava guadagnare, volevo solo suonare, sono stato un paio di anni con loro, abbiamo suonato al festival di Sanremo, al Kongresshaus, al Volkshaus e anche alla Casa d’Italia. Dopo un po’ l’orchestra si è smantellata, chi tornava in Italia, chi stava male, chi non voleva più farne parte, così ho creato il mio gruppo. Si chiama “I Becchini”, non mi veniva nessun altro nome in mente. Con “I Becchini” abbiamo vinto il Festival della Casa d‘Italia nel 1964 come miglior orchestra italiana in Svizzera. Ho continuato comunque a lavorare nella ditta di telefoni, ma nell‘81 abbiamo deciso di andare in giro. Per quei tempi avere un’orchestra non era facile, ma siamo andati avanti entrando nel giro delle orchestre importanti.
Avete suonato anche nei locali di lusso…
Sì, abbiamo suonato alla Börse, Volkshaus, Kongresshaus, siamo andati in Austria, Germania. Facevamo tutto l’inverno ad Arosa / Lenzerheide, dopo un mese in Germania, ad Amburgo, in uno dei più grandi alberghi d’Europa e poi tre mesi in Svezia, a volte anche quattro mesi. Nel 1974, dopo i campionati mondiali in Germania, ho conosciuto mia moglie. Lei lavorava lì e abbiamo iniziato a frequentarci nonostante la lontananza e la mia vita da musicista.
Ci siamo sposati nel 1978 e io continuavo a suonare, avevo ancora tanti contratti e si guadagnava tanto. Poi è arrivato il momento di decidere cosa fare del nostro futuro e siccome carriera da musicista è simile a quella di un calciatore, va finché va, con mia moglie abbiamo deciso di prendere il ristorante di mio suocero. A giugno dell’81, dopo due mesi di lavori abbiamo aperto il ristorante, siamo stati i primi ad avere un forno a legna nella Svizzera orientale.
Qual è stata la reazione delle persone, soprattutto degli svizzeri?
La gente mi diceva: “Was isch das?” (“Cos’è questo?”), a me faceva piacere far provare questa novità. Ho realizzato un locale elegante e lo è ancora, la gente diceva che per andare da Però bisogna indossare la cravatta. In zona siamo stati i primi a introdurre il divieto di fumare dentro il locale, non mi piaceva che le famiglie che venivano con bambini dovevano mangiare con tutto quel fumo. Il ristorante andava molto bene, così ho chiuso completamente con la musica.
Non era facile conciliare le due attività?
Ogni tanto andavo a suonare al paese quando c’era qualche festa. Ma poi è diventato sempre più difficile perché dovevo suonare venerdì, sabato e domenica e in quei giorni dovevo per forza lavorare al ristorante. All’inizio avevamo sette persone che lavoravano per noi, il locale era sempre pieno, e dopo 35 anni avevo i miei clienti fissi. Adesso sono già sette anni che sono pensionato, ma lavoro ancora finché sto bene. Mi alzo ogni mattina e vado volentieri a lavorare. Nel 1962 c’era anche un negozio dove tutti noi musicisti ci incontravamo. Ho lasciato un po’ la scena, ma di certo ho sempre tenuto il contatto con i miei amici musicisti.
Qual è stata l’esperienza più bella?
La cosa più positiva in tutta la mia carriera, sia come ristoratore che come musicista è la mia famiglia. A Coira è nato il mio primo figlio, in pieno inverno, dopo tre anni è nata la mia figlia a Wil, adesso sono adulti, hanno 35 anni e 33 anni. Per me la famiglia è stata sempre la cosa più importante. Mio figlio ha fatto l’apprendistato al Dolder, ora ha tantissimi ristoranti, a lui piace questa vita e questo lavoro, segue le sue radici.
Hai avuto difficoltà in Svizzera quando sei arrivato?
Mi sono trovato bene, sono sempre stato fortunato. In ogni Paese dove siamo stati, anche per suonare mi sono sempre trovato bene. Quello che mi fa arrabbiare oggi sono i nuovi immigranti che vengono, pretendono tanto ma non vogliono fare niente: noi abbiamo lavorato, senza lavoro qui non si faceva niente, neanche la domenica si stava fermi, si lavorava sempre e si stava insieme, ci si aiutava a vicenda!
Forse anche grazie alla musica sono riuscito ad integrarmi bene, la mia passione era suonare, vivevo per suonare. All’inizio non eravamo ben visti, la gente non ci voleva e una volta mi spaventai: a Selnau c’era l’ufficio degli stranieri, Fremdenpolizei, dovevo richiedere un permesso di lavoro, avevo intorno ai 15 anni, all’improvviso venne fuori un uomo svizzero a cui chiesi: “Scusi parla italiano?”, lui subito mi ha urlò contro: “Mir sind da i de Schwiiz und du muesch Düütsch rede” (“Qui siamo in Svizzera e tu devi parlare il tedesco”) e mi ha sbattuto la porta in faccia, sono rimasto scioccato e ho avuto paura.
Oggi che legame hai con l’Italia?
Tutti i miei amici stanno a Bari. Quando ero piccolo a Bari suonavo con gli strumenti della scuola, non avevamo gli strumenti a casa. Con “I Becchini” abbiamo anche suonato in Italia!
E con la Svizzera?
Non sono svizzero. Sono in Svizzera dal ‘61 ho dato al Paese tutto quello che potevo, con la musica, con la pizzeria, insomma con tutto! Allora io dico, se me lo date il passaporto io lo prendo con piacere, se lo devo pagare non lo voglio! Non è per i soldi. Ma i miei figli sono doppi cittadini.
Ormai sono grande, e quando oggi mi chiedo, cosa ho fatto nella mia vita, so che ho avuto una vita piena di fortuna, una vita bella: ho amici in tutta l’Europa, una famiglia meravigliosa e ho fatto tantissime cose. Sono contento!
I CD si possono acquistare da noi!
Pizzeria Pero
Bahnhofstr. 14, 9602 Bazenheid
Prezzo speciale per i lettori
Fr. 12.- invece di Fr. 20.-