È entrata in vigore dal primo maggio la libera circolazione degli immigrati provenienti dall’Est. Fino a questo momento la Svizzera era autorizzata ad applicare una serie di restrizioni che adesso non esisteranno più. Preoccupazioni soprattutto per gli effetti dell’accordo sulle condizioni di lavoro e gli stipendi. Dal primo maggio le frontiere svizzere si aprono ad altri 8 Paesi, per la precisione Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Slovenia e Slovacchia. I cittadini dell’est Europa, a partire da questo mese potranno circolare liberamente in Svizzera senza le restrizioni a cui erano sottoposti. Ciò è reso possibile grazie all’accordo di Libera circolazione tra Svizzera e UE secondo cui i cittadini dell’ UE possono immigrare nella Confederazione Elvetica per un tempo illimitato se hanno un contratto di lavoro, senza lavoro possono invece rimanere per un tempo limite di tre mesi. Sono quindi state abolite tutte le restrizioni riferite a questi Paesi tra cui anche l’accesso al mercato del lavoro da parte dei lavoratori salariati sia ai fornitori di servizi in alcuni settori specifici. Rimane invece la clausola per evitare le “invasioni” almeno fino a maggio 2014, inoltre, se l’immigrazione proveniente dai Paesi in questione dovesse crescere a dismisura, la Svizzera può sempre considerare il contingentamento, cioè una limitazione dei permessi nei confronti dei lavoratori provenienti dai paesi dell’Est, ma questo solo a cominciare dal 2012.
Anche se dalle analisi della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) emerge che l’aumento dell’immigrazione dovuta all’accordo di libera circolazione costituisce un impulso benefico per l’economia e non ha effetti negativi sui livelli della disoccupazione, questi cambiamenti comportano diverse perplessità soprattutto tra i lavoratori dipendenti. Infatti, l’ondata di immigrati che arriverà si offre come nuova manodopera a costi più bassi impedendo in questo modo ai lavoratori di difendere le proprie condizioni di lavoro. Secondo le considerazioni della SECO, invece, non c’è da preoccuparsi perché «L’immigrazione dai paesi europei si è sviluppata in funzione delle necessità dell’economia svizzera e ha contribuito alla crescita economica».
George Sheldon, economista del lavoro dell’Università di Basilea, afferma invece che in Svizzera molti lavoratori sono coperti da contratti che corrispondono di fatto a uno ‘stipendio minimo’. «La libera circolazione dei lavoratori non ha portato effetti negativi sullo sviluppo degli stipendi in Svizzera», spiega Sheldon. Ma i sindacati e il Partito socialista richiedono misure legali più rigide per combattere la pressione sugli stipendi. «Ci sono delle grandi differenze e perciò bisogna prendere in considerazione la possibilità di introdurre sanzioni per le aziende che praticano dumping salariale», dice il segretario generale del Partito socialista Thomas Christen.
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