Con un‘espressione poetica che evoca calore e colori l’hanno ribattezzata la terra dei Fuochi, ma in realtà è la terra dei roghi, dove di notte si vedono ombre striscianti che scendono dalle macchine, appiccano fuochi e fuggono, mentre le montagne di spazzatura cominciano a bruciare, spandendo nell’aria odori di malattia e di morte. Nei giorni scorsi Striscia la notizia ne ha documentato le immagini; qualche giorno fa l’Espresso ha pubblicato un rapporto degli americani della Us Navy che è semplicemente raccapricciante. L’inchiesta è iniziata nel 2009 e completata nel 2011, su un’area di oltre mille km quadrati, con analisi dell’aria, dell’acqua, del terreno, alla ricerca di ben 214 sostanze nocive.
L’indagine l’hanno fatta gli americani perché le centinaia e centinaia di militari e delle loro famiglie vivono in case in campagna, e quando sono stati resi noti i risultati, sono in molti ad essersi inalberati, a cominciare dall’agricoltore onesto alle istituzioni locali, accusandoli di aver gettato fango. In realtà, gli americani hanno semplicemente fatto quello che invece avrebbero dovuto fare nei decenni scorsi sindaci e consiglieri comunali, presidenti e consiglieri provinciali, presidenti e consiglieri regionali, magistratura, forze dell’ordine, prefetti, guardie forestali e via dicendo, e che non hanno fatto, guardando altrove.
Ecco un passaggio fondamentale del rapporto: “Nel corso del tempo è apparso chiaro che l’incapacità di far rispettare la legge da parte delle istituzioni ha contribuito alla situazione”. Fatto sta che “i siti contaminati censiti nel 2005 erano 2.599, nel 2011 sono diventati 5.281”. Il record di 2532 luoghi inquinati spetta alla provincia di Napoli e quello delle discariche illegali (851) alla provincia di Caserta.
Se qualcuno va all’Ikea di Afragola, appena uscito dall’autostrada comincia a procedere tra montagne di rifiuti, sparsi nelle campagne circostanti. Ma i roghi non bruciano solo rifiuti delle case, bruciano anche quelli tossici, dove c’è di tutto, materiali pericolosi per l’agricoltura, per gli abitanti e per la loro salute, che respirano fumi, acidi e ogni sorta di porcherie. I rifiuti tossici sono disseminati nei campi coltivati. Mangiare ortaggi e frutta di quelle zone significa ammalarsi di cancro. Ne sanno qualcosa le testimonianze dei 100 mila cittadini che sabato scorso hanno sfilato per le strade di Napoli in segno di rabbia. Ma l’allarme non riguarda solo i cittadini di quelle zone, aree vastissime, sovrappopolate, riguardano tutti, perché la frutta e gli ortaggi di quelle aree arrivano dappertutto, in cucina e sulle tavole di tanti italiani e magari anche all’estero.
Sono state pubblicate le testimonianze di Carmine Schiavone, cugino di Francesco Schiavone, detto Sandokan. Carmine, diventato pentito e collaboratore di giustizia, rivelò anni fa che nel giro di vent’anni intere aree sarebbero diventate un inferno: è quello che sta accadendo con l’emergenza tumori, che colpiscono adulti, giovani e bambini, al punto che un parroco ha esclamato: “Non ne posso più di seppellire bambini!”. Le aree in cui sono stati sepolti tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici sono sparse nella provincia di Caserta e di Napoli, ma la camorra si era ramificata anche nella provincia di Benevento, di Isernia, nel Molise, fino a Latina e altrove nel Lazio, per non parlare di altre zone del Nord.
Che dire? Non è colpa di un capo di governo, di un sindaco, di un presidente di regione, di un poliziotto. E’ colpa di tutti, singolarmente e messi insieme, anche di chi va a comprare le scarpe fatte in fabbriche abusive, di chi ci lavora, fabbriche i cui rifiuti vengono gettati nei campi e bruciati di notte, campi impastati di acidi. A chiudere gli occhi, anche se con diverso grado di responsabilità, sono centinaia di migliaia di uomini e donne, anche quelli che non vogliono gl’inceneritori ma che preferiscono vivere nell’immondizia.
Il disastro peggiore è proprio questo: che non si vede come si possa uscire da questa diffusa e inarrestabile decadenza.