L’Aula della Camera approva il disegno di legge che punisce chi tortura con minacce fisiche e psichiche
Anche in Italia la tortura diventa un reato perseguito dalla legge. L’aula della Camera, infatti, ha approvato lo scorso 5 luglio in via definitiva il ddl che introduce il delitto di tortura nell’ordinamento italiano. 198 sì contro 35 no e 104 astenuti sono i numeri che decretano la nuova legge che punisce qualsiasi forma di tortura. Hanno votato a favore Pd e Ap, molte forze si sono astenute, M5S, Sinistra italiana, Mdp Scelta civica e Civici e innovatori, mentre i no portano la firma di Fi, Cor, Fdi e Lega.
“Ben 33 anni dopo aver firmato la convenzione internazionale contro la tortura, anche l’Italia si dota di una legge in materia. Il testo che è stato votato oggi a Montecitorio arriva al termine di un dibattito complesso, nel corso del quale le due Camere hanno prospettato riguardo ad alcuni aspetti soluzioni differenti”, scrive soddisfatta in una nota la presidente della Camera, Laura Boldrini. “Su una materia così delicata si sono pronunciati ancora nelle ultime settimane, evidenziando criticità, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, giuristi, magistrati di Genova. L’approvazione della legge – conclude – segna un passaggio decisivo, ma come sempre potrà essere il Parlamento, sulla base della concreta applicazione delle norme, ad apportare le modifiche che si dovessero rivelare necessarie”.
La ministra Anna Finocchiaro parla di “un passaggio importante, per il quale il Parlamento lavora da quasi vent’anni e del quale non possiamo che essere soddisfatti”. E il Partito democratico difende la legge da chi la vede come una ritorsione contro le Forze dell’Ordine: “nessun intento punitivo”, chiarisce la presidente della commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti che considera invece il ddl “equilibrato e giustamente severo nei riguardi di un reato odioso e grave come quello di tortura” e colma “a quasi 30 anni dalla ratifica della Convenzione Onu, un macroscopico vuoto normativo più volte denunciato in sede europea e internazionale”.
Cosa prevede il provvedimento
A tre anni dall’inizio dell’iter parlamentare, l’Aula della Camera approva definitivamente il disegno di legge che punisce con il carcere da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi o con crudeltà, cagiona a una persona privata della libertà o affidata alla sua custodia “sofferenze fisiche acute” o un trauma psichico verificabile.
Inoltre ci sono delle aggravanti: se c’è “una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà”. Se invece “dal fatto deriva la morte quale conseguenza non voluta, le pene sono aumentate di due terzi. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo. Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta”. Se a commettere questo tipo di reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, “con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio”, allora la pena della reclusione va “da cinque a dodici anni”.
“Legge vergogna”
“È un’infamia voluta dal Pd per criminalizzare le forze dell’ordine”, afferma senza mezzi termini Giorgia Meloni di Fdi, visibilmente contrariata come tutto il centrodestra che vede nelle norme approvate a Montecitorio un intento punitivo nei confronti delle forze dell’ordine cui, sostiene Alessandro Pagano della Lega, “legherà le mani”. Francesco Paolo Sisto di Fi bolla il ddl come “un esempio di diritto modaiolo che aumenta la produzione di indagini nei confronti di chi le fa”.
Anche i sindacati delle forze dell’Ordine si schierano contro la nuova legge e per il Consap si tratta di una “legge vergogna che è solo uno spot di vendetta per i fatti del G8 di Genova” mentre il Sap la considera come “un manifesto ideologico contro poliziotti”. Anche l’estrema sinistra (Si e Mdp) non è soddisfatta del testo approvato che considera “inefficace”, mentre il M5S, pur considerando la legge “giusta”, si astiene prendendo l’impegno “di migliorare le norme non appena possibile”.
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