A proposito della polemica dei partiti contro Monti che ha difeso il sistema Italia
Polemica sul nulla quella tra Monti e i partiti che lo sostengono o, per meglio dire, polemica inutile dei partiti contro Monti: il botta e risposta a distanza, tra i partiti a Roma e Monti nell’estremo Oriente è la dimostrazione di come in politica spesso le polemiche siano pretestuose. Cosa è successo? E’ successo semplicemente che Monti, nel suo viaggio in Corea, in Giappone e in Cina ha cercato di spiegare agli stranieri il “miracolo” italiano, il miracolo di un Paese in cui l’ex presidente del Consiglio ha lasciato “senza aver subito una sfiducia” e “i partiti, prima belligeranti, abbiano deciso un momento di unità nazionale”. A chi gli chiedeva come sarà l’Italia del dopo Monti, se sarà affidabile o meno, il presidente del Consiglio ha risposto: “La mia fiduciosa speranza è che questo sia un anno di trasformazione, non solo sul fronte del bilancio, ma anche perché i partiti stanno vedendo che la gente sembra apprezzare un modo moderato di affrontare i problemi, e questo governo sta godendo di un alto consenso nei sondaggi di opinione, i partiti no”. Una semplice fotografia quella di Monti, completata dal-l’auspicio che i partiti facciano tesoro di questo nuovo clima per guardare agli interessi del Paese e non a quelli elettorali, per cambiare atteggiamento gli uni verso gli altri, perché non c’è necessità di farsi continuamente la guerra, e invece a Roma il discorso viene interpretato come uno sfottò ai partiti. Chiunque abbia ascoltato o letto tutto il discorso di Monti, capisce chiaramente che il suo discorso era costruttivo, non distruttivo, ma niente. Il riferimento al governo che è sostenuto dalla gente perché riesce a fare ciò che i partiti non hanno voluto o saputo o potuto fare, quindi che ha il consenso rispetto alla sfiducia crescente nei confronti dei partiti che non hanno saputo o voluto o potuto fare, ha irritato i nostri leader, che hanno visto nelle parole di Monti un atto di lesa maestà.
Per dare peso alle sue parole, Monti ha ripetuto all’estero ciò che ha sempre detto in Italia, e cioè che il momento è difficile e dunque che c’è necessità di provvedimenti seri, che incidano nelle abitudini e nei comportamenti degli italiani. Ha fatto l’esempio della riforma delle pensioni e della riforma del lavoro, sulla quale ha detto di voler ricorrere alla fiducia se il testo dovesse essere svuotato di contenuti. A proposito dell’articolo 18 e della riforma del mercato del lavoro, ha detto: “Provoca alcuni risentimenti, ma ho l’impressione che la maggioranza degli italiani la percepisca come un passo necessario nell’interesse dei lavoratori, mentre l’attuale sistema, mi spiace, scoraggia gl’investimenti nel Paese. Le imprese hanno paura di assumere perché è molto difficile licenziare per ragioni economiche”. Le parole di Monti, già tra l’altro più volte ribadite in Italia, quindi non una novità, evidentemente hanno toccato un nerbo scoperto sul ruolo dei partiti e sulla loro capacità di governare nell’interesse del Paese. Il più risentito è stato Bersani, che ha affermato: “O politici e tecnici convincono insieme il Paese, o sotto la pelle del Paese ce n’è abbastanza per prendere a cazzotti politici e tecnici”. Qui è evidente il riferimento all’articolo 18 modificato che non è stato accettato né dalla Cgil, né dall’intero Pd. In sostanza Bersani si è irritato perché Monti ha varato una riforma di cui ha bisogno il Paese e non il Pd. Guido Crosetto, Pdl, replica piccato facendo notare che l’azione del governo è possibile solo perché i partiti gli hanno dato il consenso, dunque, Monti dovrebbe essere riconoscente ai partiti, non accusarli. Giorgia Meloni ricorda al premier che l’Esecutivo non è stato scelto con il voto dei cittadini e che “l’unico consenso certificato che ha lui è quello che gli hanno dato le forze politiche”. Se l’Udc di Casini non ha criticato il premier, lo ha fatto un esponente del terzo polo, Italo Bocchino (Fli), che ha definito “sprezzante” la sortita di Monti. A rasserenare gli animi è dovuto intervenire Monti stesso, evidentemente sotto il suggerimento del presidente della Repubblica, con una lettera di chiarimento, che poi altro non era che il discorso completo fatto all’estero e non l’estrapolazione di un paio di frasi. I partiti si sono detti soddisfatti della spiegazione, anche perché nel frattempo, nel giro di qualche giorno, lo spread è salito di 50 punti, facendo emergere che la debolezza del Paese nella fiducia dei mercati non appartiene al passato, ma è drammaticamente attuale. Il guaio è che i partiti, non avendo saputo fare ciò che era necessario, hanno dovuto accettare il governo tecnico, ma non lo hanno digerito, come non hanno in realtà metabolizzato la necessità di dover cambiare, quindi quando Monti esaurirà il suo compito c’è il rischio che si torni alla lotta continua a cui abbiamo assistito in tutti questi anni e che non ha giovato e non potrà giovare al Paese. Il dubbio degli investitori stranieri non è affatto campato in aria: sono gli stessi partiti italiani a farglielo nascere. [email protected]