Una ricerca inglese mostra che tra le piante c’è comunicazione attraverso un linguaggio chimico
Che le piante ”parlino” attraverso la forma, il tipo di foglie e il colore dei fiori, lo pensiamo noi, per cui abbiamo dato un significato a ciascun colore. Da ultimo se ne è occupata anche la scienza dell’alimentazione, con qualche fondamento, per cui a determinati colori corrispondono determinate proprietà e sostanze che fanno bene per proteggerci contro particolari malattie. Dobbiamo risalire a Virgilio per incontrare un tipo di pianta ”umanizzata”, che versa sangue dopo che le si sono strappati foglie e rami, ma bisogna tornare ai tempi moderni e alla creatività della fantascienza per incontrare piante vampire che si comportano come squali. Anni fa, in un film, la piantina nel laboratorio di uno studioso riuscì a rivelare, attraverso movimenti, contatti ravvicinati, vivacità e intensità di colore, chi aveva ucciso il suo ”padrone”, ma era solo un film. In ogni caso, finora siamo stati noi uomini ad assegnare linguaggi e significati probabilmente inesistenti. Fino ad ora, appunto, perché ricercatori dell’Università di Exeter, in Gran Bretagna, sono riusciti non solo a captare e a registrare ma anche a filmare ”conversazioni” tra vegetali, ovviamente non in un linguaggio umano, ma in quello chimico, che non è meno chiaro ed affascinante di quello umano. Cosa e come lo hanno fatto? Il professore di biochimica vegetale Nick Smirnoff, con la sua équipe, ha ”seguito” una conversazione tra cavoli modificati geneticamente. Si potrebbe dire: ma che cavolo si saranno detti, ma questo lo dobbiamo chiedere al professor Smirnoff il quale ha tagliato alcune foglie a un esemplare di Arabidopsis, l’ha chiuso in una camera sigillata con due cavoli della stessa specie e si è messo in ascolto.
Direte voi che solo ad un amante dei cavoli possono venire in mente certi esperimenti, e forse non avete tutti i torti. Fatto sta che ad un certo punto il cavolo ferito ha cominciato ad emettere un fitormone, il jasmonato di metile, che è stato captato dagli altri due cavoli i quali, a loro volta, hanno cominciato ad emettere lo stesso gas comunicando in questo modo il pericolo ad altri vegetali. Come hanno fatto i ricercatori a ”vedere” l’emissione e la propagazione del jasmonato di metile? Qui si sono visti gli scienziati, perché i vegetali erano stati geneticamente modificati per emettere, oltre al gas, la proteina ”luciferase” che, come dice la parola, fa emanare luce. Ecco perché è stato possibile registrare e vedere i messaggi che il cavolo ferito ha inviato ai cavoli sani, dicendo probabilmente che per lui erano cavoli amari. Scherzi a parte, Il livello di luce emessa con la propagazione del gas ovviamente è invisibile ad occhio nudo, ma è stata fermata con una telecamera molto sensibile, al punto che è in grado di contare i fotoni. Il professor Smirnoff ha spiegato che i vegetali non possono sentire i dolori perché non hanno terminazioni nervose, e questo è un fatto positivo per loro. Ha anche aggiunto che gli scienziati devono ancora capire come i vegetali reagiscono quando sono avvisati di un imminente pericolo. Probabilmente le foglie ferite rilasciano delle sostanze chimiche per innescare una reazione di difesa dell’organismo o forse per mettere in allarme altri vegetali del pericolo. Una cosa è certa, non sono segnali per dire che devono fuggire, come può avvenire per gli animali, né sono scambi di impressioni dopo un temporale o una giornata di sole caldissimo. Però – e questo è il punto – c’è comunicazione, naturalmente con i linguaggi che sono propri ad ogni organismo vivente. A proposito di temporali o di giornate caldissime, la scoperta del professor Nick Smirnoff ha aperto un orizzonte enorme riguardo ai documentari naturalistici, che seguono con maggiore attenzione questa ”pista”. Noi pensiamo che le piante siano immobili e mute, ma non è vero, non perché ci sia il vento a scuoterle, ma probabilmente perché tutto è collegato e tutto concorre a mettere in moto processi chimici che sono alla base delle comunicazioni tra le piante, anche se noi non ce ne accorgiamo nemmeno.
1 commento
Che noi pensiamo che le piante siano immobili,nessuno credo lo abbia mai detto,almeno ai nostri tempi.
Un esempio? La Mimosa Sensitiva : Toccatela e vedrete come si ritrae. La Dionea Muscipula (La cosiddetta pigliamosche”,pianta carnivora,come ce ne sono di tantissime specie,appena qualche insetto,attratto dall’ odore del nettare della pianta,tocca i peli sensibili, questa si richiude ed intrappola l’insetto,e si riapre quando è stato assorbito tutto il nutrimento della vittima, per espellere quanto rimasto. 😉