Una scoperta del professor Ming Cai, docente di Meteorologia presso l’Università della Florida, Usa, che ha sede nella città di Tallahassee
Ci si è mai chiesto perché le piogge diventano sempre più torrenziali – anche dove prima non erano così – e perché vi sono periodi più lunghi di siccità? Ebbene, chi si è posto la domanda e ha poi dato una risposta è il professor Ming Cvai, docente di Meteorologia presso l’Università della Florida, Usa, che ha sede nella città di Tallahassee.
Ecco come il professor Cai spiega il fenomeno, che è il risultato dell’interferenza tra le condizioni climatiche e il calore prodotto dalle città: “Da tanto tempo sappiamo che le città costituiscono vere e proprie isole di calore. L’asfalto e il cemento assorbono il calore dei raggi del sole e lo liberano di notte, nell’aria. A tale fenomeno dobbiamo aggiungere l’energia termica, cioè altro calore, prodotta dalle caldaie in inverno e dagli scarichi dei condizionatori in estate, dai motori di auto, dalle emissioni delle fabbriche e persino dalle lampadine di ogni casa e di ogni insegna luminosa. Questo determina la presenza di una nuova forma d’inquinamento non composto da gas o particelle chimiche ma dal calore stesso. Oggi, finalmente, abbiamo capito quale effetto ha tale inquinamento sul clima. Esso sale verso l’alto, raggiungendo una quota compresa tra gli otto e i dieci chilometri dal suolo. Qui il calore, però, incontra alcune correnti dell’alta atmosfera, che si chiamano correnti a getto. Queste correnti fanno il giro di tutto il pianeta a una velocità fra i centocinquanta e i duecentocinquanta chilometri all’ora. Le correnti a getto, quindi, in pratica portano a spasso il calore cittadino ma subiscono nel contempo un innalzamento di temperatura pari a circa un grado. Può sembrare un aumento esiguo, ma, in realtà, anche questa piccola variazione può avere conseguenze importanti sul clima e sui singoli eventi atmosferici”.
Tutto questo significa che il riscaldamento atmosferico prodotto dalle grandi città ha conseguenze sul clima. Il calore, infatti, è una forma di energia e portare più calore nell’atmosfera significa che c’è maggiore energia quando si creano ammassi temporaleschi o bolle di alta pressione, che poi sono le condizioni perché si stabilizzi il bel tempo in una determinata zona. Aggiunge il professor Cai: “Il calore rilasciato dalle grandi città nell’atmosfera è restituito, per così dire, sotto forma di eventi meteorologici più intensi. Questo può spiegare perché negli ultimi trent’anni, con l’aumento dell’estensione delle città e l’incremento delle emissioni di calore nelle stesse, le piogge tendano ad essere più torrenziali che in passato e siano più lunghi i periodi di siccità. Abbiamo pure calcolato che l’azione inquinante delle città sulle correnti d’aria dell’alta atmosfera produce le sue conseguenze anche a distanze molto lontane, fino a millecinquecento chilometri ed oltre”.
In parole povere il calore prodotto da una città come Parigi può influenzare il tempo sopra l’Emilia Romagna, dove recentemente c’è stata una tromba d’aria che ha fatto qualche danno. Infatti, se osserviamo che le città sono diventate sempre più numerose dal punto di vista del numero degli abitanti e più estese dal punto di vista territoriale, si può immaginare che il problema dell’inquinamento da calore non solo è reale, ma è portatore dei cambiamenti climatici in una delle qualsiasi zone del mondo intero. Insomma, le metropoli, ormai, esistono dappertutto, dunque dappertutto si possono avere fenomeni meteorologici estremi.
La scoperta, come si può immaginare, ha anche delle utilità pratiche. Vediamone qualcuna con le parole del professor Cai: “Grazie ad essa possiamo migliorare l’efficienza dei modelli per le previsioni meteorologiche. Possiamo valutare meglio quanta energia è presente nell’atmosfera e, quindi, stabilire con maggiore certezza la violenza con cui gli eventi atmosferici si manifesteranno. Questo servirà a prendere opportune contromisure per evitare danni e disagi progettando meglio le nostre città, con più spazio alle aree verdi, più trasporti pubblici, meno auto e meno sprechi inutili di corrente elettrica”.