Secondo il comandante delle forze americane per l’Africa, l’Isis avrebbe creato campi di addestramento nell’est della Libia
L’Isis ha creato campi di addestramento nell’est della Libia. Lo ha rivelato il generale David Rodriguez, comandante delle forze americane per l’Africa, aggiungendo che l’esercito statunitense sta monitorando da vicino la situazione. “Hanno creato campi di addestramento” in Libia, dove si trovano circa 200 jihadisti, ha detto Rodriguez alla stampa, sottolineando come l’attività dell’Isis al momento sia “molto ridotta e allo stato nascente”. Alla domanda se anche questi campi possano essere obiettivo dei raid aerei Usa, come già avviene in Siria e Iraq, il generale ha risposto: “No, non per ora”. Rodriguez ha sottolineato la necessità di “continuare a monitorare e a osservare con attenzione per vedere cosa succederà in futuro”. Il generale ha poi precisato che gli jihadisti dell’Isis presenti oggi in Libia non sono volontari arrivati dall’estero, ma miliziani che hanno prestato fedeltà all’organizzazione. Già prima delle rivelazioni di Rodriguez il governo americano e esperti europei avevano espresso il timore che i jihadisti potrebbero sfruttare l’instabilità politica in Libia per rafforzare lì la loro influenza.
L’Isis fa campagna in Pakistan
Secondo quanto riporta l’AdnKronos, opuscoli con informazioni sugli jihadisti dello Stato islamico sono stati distribuiti tra la popolazione pakistana del Waziristan del Sud. Lo hanno riferito alcuni residenti, secondo i quali uomini non identificati distribuiscono libretti in lingua urdu, spesso scritti a mano, che incitano a punire i responsabili dell’uccisione di militanti locali. Casi simili si erano verificati nelle scorse settimane in alcune grandi città del Pakistan, come Karachi, Lahore e Peshawar, e in un campo di profughi afghani nel nord-ovest del Pakistan. Ma è la prima volta che questo si verifica nel Waziristan del Sud, la regione in cui sono nati i Talebani.
Alcuni esponenti di una tribù di Wana, nel centro del Sud-Waziristan, hanno riferito di aver trovato gli opuscoli nel Bazar Rustam, principale mercato della città. Nei libretti si sostiene che il califfo dell’Isis, Abu Bakr al-Baghdadi, ha “dato istruzioni per intraprendere azioni contro i responsabili dell’uccisione” dei seguaci di Maulvi Nazeer, militanti locali non affiliati ai Talebani. Maulvi Nazeer è stato ucciso lo scorso anno in un raid aereo statunitense. Gli opuscoli accusano inoltre alcuni leader tribali locali di condurre attività di spionaggio a favore degli Stati Uniti, finalizzati in particolare a individuare gli obiettivi dei raid eseguiti con i droni. Ma i leader locali hanno cercato di ridimensionare la portata dell’accaduto, assicurando che nella regione non c’è traccia dell’Isis.
Secondo Islam Zeb, funzionario amministrativo di Wana, la distribuzione degli opuscoli è opera di gente che mira a solo a creare il panico. Secondo Zeb, la polizia ha aperto un’inchiesta e presto chi ha distribuito i libretti sarà assicurato alla giustizia. In realtà, in Pakistan non mancano militanti o interi gruppi che negli scorsi mesi hanno giurato fedeltà all’Isis e al suo califfo al-Baghdadi. A ottobre, sei leader talebani, tra i quali un portavoce del gruppo, Shahidullah Shahid, hanno annunciato la loro adesione all’organizzazione terroristica attiva soprattutto in Iraq e in Siria, ma che mira a creare un califfato in tutto il mondo islamico.
La propaganda sui social network
Durante le proteste di Ferguson e dopo la decisione del Gran Jury di non incriminare il poliziotto che uccise Michael Brown, sostenitori dell’Isis, su Twitter hanno associato gli hashtag legati ai fatti di Ferguson con quelli dell’Isis per diffondere la loro propaganda, incitando a ulteriori violenze e cercando nello stesso tempo di arruolare cittadini afroamericani “scontenti”. I sostenitori del califfato cercano inoltre di incoraggiare a compiere attentati negli Stati Uniti. “Nello Stato Islamico non c’è razzismo”, recita la didascalia di una foto pubblicata da un gruppo di jihadisti che si autodefinisce “multietnico”. Su alcuni account riemergono vecchie foto in bianco e nero che ritraggano schiavi neri incatenati. È stato postato anche un video diffuso dalla Cnn in cui si vede un manifestante che solleva un cartello sul quale è scritto “Isis hero”.