Dopo Valeria Solesin a Parigi, Giulio Regeni a Il Cairo
Sognare con gli occhi dei ragazzi. Essere figli di povera gente o di ceti elevati. Nati tra le montagne della mia Valtellina o nei villaggi bagnati dal mediterraneo. Tra le nebbie della pianura padana o sulle impervie ascese verso il massiccio che si erge a dominare le genti d’Abruzzo. Sulle alture della Sila o tra le valli della Carnia, ove il corso della storia ha prodotto la contaminazione delle genti: ovunque, i giovani forgiano il loro carattere osservando la natura prima, e apprendendo poi le vicende epocali delle genti in cui sono nati, sui libri di scuola nel corso del loro processo educativo. Lo fu per me da ragazzo. Continuai a sognare il mondo che stava oltre il pizzo che si erge sopra il casolare natio tanto da incutermi il timore che, prima o poi, sarebbe sceso a travolgere il borgo in un ammasso di alberi spezzati e massi come accadde e mi fu raccontato in gioventù dai vecchi del villaggio, nella tragica tempesta del mille novecento undici.
Sognai, e raggiunta la maturità, evasi da quella valle che pur amo andando per il mondo in cerca della mia felicità. L’ho trovata, la fata morgana? Forse sì o forse no. Ma ho cercato di vivere e fare ciò che stava dentro il mio cuore, come più tardi ascoltai dalla magica voce di Frank Sinatra. Ho divagato per combattere il dolore e la tristezza. La voglia di urlare al vento lo sdegno che provo perché possa arrivare, laggiù o lassù, ove due giovani sono stati annientati dall’odio dell’umanità che ha perso il senso della ragione e del vivere civile. Ricordo ancora quell’attimo, l’otto dicembre dell’anno scorso, in cui deposi una rosa a Place de la République in ricordo di Valeria Solesin. Il senso di abbandono nell’osservare il volto sorridente di una giovane a cui il destino aveva tolto gli anni più belli della sua giovane vita.
Oggi piango te, Giulio Regeni, ragazzo della terra friulana in cerca di una tua verità nelle terre dei millenari faraoni d’Egitto. Due giovani, entrambi figli del triveneto, i cui abitanti hanno guardato nei secoli oltre le montagne carniche e il mare adriatico per andare incontro al mondo in un abbraccio di solidarietà e convivenza universali. Forse, generazione Erasmus, l’idea che aprì alla gioventù europea le porte dei tanti saperi negli atenei della nuova Unione. O forse, generazione planetaria, in un mondo ridotto a villaggio globale grazie all’ingegno umano impersonato dalla leggendaria figura di Marco Polo. Valeria e Giulio non si sono accontentati di abbeverarsi alla lettura de “ Il Milione “ , il resoconto del viaggio alla scoperta dei misteri dell’Asia. Hanno inteso provare di persona l’ebbrezza dell’incontro con i popoli della terra dalle due città, Parigi e Il Cairo, crogiuolo di popoli, etnie, lingue, culture, che portano i sapori dell’universo pensante. E chissà?, un giorno lontano sarebbero rientrati alla loro terra per indicare ai giovani la via del coraggio, la curiosità di apprendere, i valori dell’incontro e della convivenza. Ho letto di Giulio acculturato lettore di Antonio Gramsci, Pier Paolo Pasolini, Enrico Berlinguer, scrittori e politici dai forti ideali di eguaglianza e solidarietà universali. Cosa facesse, Giulio Regeni, nella capitale egiziana sembrami chiaro. Egli amava l’Egitto, il paese più antico del mondo, ricco della sua millenaria civiltà. E amava l’Egitto moderno avviato, pochi anni orsono, verso una primavera di libertà. Chissà che Giulio volesse capire il perché di un’alba di libertà svanita nel buio della violenza e della repressione popolare e di massa? Le cronache ci dicono che egli sia stato torturato e ucciso dopo giorni di terribili torture fisiche e morali. Si voleva, evidentemente, chiudere la bocca a una voce libera. Libera di informare il mondo sulle infamie di una dittatura contro il suo popolo.
Valeria e Giulio sono per noi un esempio e la testimonianza di come il nostro popolo abbia in se i valori per vincere la sfida del rinnovamento: civile, sociale e morale del nostro paese. Un esempio per noi e per i giovani della nuova Europa. Generazione Erasmus o planetaria, poco importa. Sono il nostro avvenire, pellegrini di un mondo che ha tanto bisogno di chi sa sognare, anelito a conoscere e incontrare i popoli che stanno oltre l’orizzonte della loro terra natale.