In attesa delle elezioni europee
Ancora un naufragio. Cento venti disperati (tra cui donne e bambini) sprofondano negli abissi del mediterraneo nell’indifferenza dell’Europa che non reagisce tradendo, così, la sua civiltà. La Sea Watch raccoglie altri 45 poveretti al largo delle coste libiche e il ministro dell’interno della repubblica non ha altro da dire che “i nostri porti sono chiusi”: per oggi, domani e sempre.
Il ministro, nel frattempo, fa un bagno di folla nel centro di Afragola. Afragola, (sette bombe in 10 giorni) città vittima del Racket e del crimine organizzato.
Qualcuno (interessato?) gli bacia la mano in un rituale tristemente noto.
Altri gridano (pure interessati?) “Elimina Roberto Saviano”, l’uomo simbolo della lotta alla ‘ndrangheta. E il nostro, beffardamente, “lunga vita a lui”.
Non ho mai provato così tanta vergogna per un ministro della nostro Paese.
Per ora, il PD, il mio Partito, vive l’ennesima fase congressuale nel tremolio di una sconfitta che sembra non aver fine. Occorre reagire. Per farlo, bisogna partire dal perché di una sconfitta che ha confinato la sinistra riformista del nostro Paese ai margini della vita politica nazionale ed europea.
La sinistra vincerà se torna a capire il mondo. Se rovescia il modo di pensare e rigenera il suo stare tra chi cerca un riscatto. Non è un caso se abbiamo iniziato a perdere quando, agli albori di una crisi che ha mutato vita e sentimenti delle persone, il dramma delle diseguaglianze è scivolato troppo sullo sfondo cogliendoci distanti da bisogni, paure e insicurezze di tanti.
È vero, la sconfitta ha radici più lontane negli anni. Investe i progressisti e la sinistra in tutto l’Occidente e non solo. Era evidente da prima che di un’altra Europa c’era bisogno. Ed era comprensibile che le ingiustizie globali avrebbero alimentato migrazioni disperate, crisi ambientali, fasi di collasso dell’economia.
Allora per tempo andava aperto un dibattito pubblico a partire dallo spazio europeo. Per tempo andava cancellata la Bossi-Fini. Per tempo andavano ampliati i corridoi umanitari, approvato, in parlamento, lo ius soli. L’Europa è un banco di prova. La destra nazionalista aggredisce i cardini della democrazia come non era più accaduto dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Le elezioni europee saranno il momento in cui decidere l’Europa che verrà. Bisogna ripensare un’alleanza per dare forza e consenso al fronte democratico e della sinistra. Dopo la crisi peggiore che ha investito l’Occidente e limiti e subalternità di ricette fallimentari è tempo di una svolta senza la quale il rischio è il ritorno a “piccole patrie”, in balia delle grandi potenze e in guerra tra loro. Ma quello sarebbe un errore drammatico perché non esiste soluzione per i problemi aperti, non si batte il terrorismo che si riaffaccia col suo carico di odio e violenza, fuori da un’unità e cooperazione europea, dal dialogo interreligioso e ispirato da principi di laicità.
La bussola per un programma c’è e vive negli articoli uno, due e tre della Costituzione. Il lavoro, la partecipazione e la rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono l’effettiva uguaglianza di opportunità e l’accesso ai beni essenziali (salute, istruzione, casa, assistenza…).
C’è una domanda di senso e di esempi positivi, e in fondo la necessità di una diversa “utopia” da rimettere al centro. Recuperando la funzione della sinistra che è guidare una parte sul sentiero dell’emancipazione e della liberazione dalla paura e dal bisogno, da illegalità, mafie, eversione.
Al centro rimettiamo i diritti umani, sociali, civili e i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Il governo Lega – 5S è una combinazione tra incompetenza e un’impronta reazionaria. La miscela colloca l’Italia più vicino a Visegrad (la città simbolo del patto sovranista scellerato tra Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, e Slovacchia) tradendo una intera civiltà politica a partire dalla radice antifascista della Repubblica
Il tema per noi è prepararsi al dopo con una vocazione unitaria. Questo è il tempo di una nuova “vocazione unitaria” dentro e fuori da noi.
Federare, riallacciare dialogo e cooperazione.
Fare, in definitiva, comunità.
La vera politica è anche studio, formazione, esperienze vissute assieme.
Per formare e promuovere una classe dirigente diffusa e davvero generosa e appassionata: su questo si costruisce una nuova stagione della politica necessaria al bene dell’Italia e dell’Europa.