L'”Elogio della lentezza” e l’impatto dell’hightech sui neuroni
Smartphone, Pc, tablet, Social media: emblemi hightech di un mondo super veloce che stanno modificando i neuroni del cervello umano, organo superlento. Come stia avvenendo questa modificazione lo racconta Lamberto Maffei, Presidente dell’Accademia dei Lincei e professor emerito di Neuroscienze alla Normale di Pisa, nel libro “Elogio della Lentezza” per i tipi de “Il mulino”.Un titolo che evoca meditazioni filosofiche ma che muove da un assunto scintificamente argomentato: la super velocità dell’era internet sta modificando i collegamenti neuronali della mente umana, stimolando quelli preposti al pensiero veloce, quello istintuale reattivo, a discapito dei neuroni del pensiero lento. Il deperimento del pensiero lento, quello preposto alla riflessione, al ragionamento, alla meditazione, produce – è la tesi sostenuta da Maffei – modificazioni nei comportamenti sociali degli uomini che diventano sempre più sensibili alle chimere consumistiche e sempre più indifferenti ai valori di conoscenza e sapere propri del Dna umano.
“Tutti i mezzi moderni di comunicazione sono estremamente veloci rispetto alle velocità che può offrire la macchina cervello – ha detto Maffei – la nostra mente cerca di adeguarsi come può inseguendo questa velocità e questo determina un cambiamento del nostro comportamento. E cambiare comportamento vuol dire inevitabilmente cambiare il cervello. Tuttavia, questi cambiamenti sono transitori, nel senso che muoiono con noi, non si trasmettono alle nuove generazioni ma certamente avvengono. Modificano fisiologicamente la nostra mente in modo indiretto nello sforzo di adeguarci al differenziale di velocità tra le nuove tecnologie ed il pensiero lento cerebrale”.
Questa mutazione si trasferisce nei comportamenti sociali. “Il consumo è certamente un prodotto di quello che io chiamo il pensiero rapido di questa corsa verso il fare presto. Consumare e poi riconsumare, con il mercato pronto ad offrire il nuovo prodotto che dobbiamo comprare anche se poi non viene usato. Questo significa provocare una corsa veso il consumismo dove il consumista diventa come un eroe sociale perchè consumare significa incrementare l’economia e aumentare il Pil. Un comportamento che ci allontana da quelli che sono i valori tradizionali insiti nell’uomo, ovvero inseguire l’arte, la bellezza, l’educazione, in altre parole la voglia di conoscenza che è caratteristica del Dna umano. Allora si diffonde questa bulimia del consumo cui si contrappone l’anoressia dei valori del sapere”.
Fonte: Askanews