Orietta Berti, un mito della storia della canzone italiana, cinquant’anni di carriera e un nuovo album “Dietro un grande amore”. Mezzo secolo di musica che ha raggiunto anche il nostro mercato in Svizzera
Non è facile attraversare mezzo secolo di musica con coerenza verso il pubblico, tu ce l’hai fatta vero?
È stato così veloce che non me ne sono neanche accorta. È una frase banale, però è vero che quando si lavora insieme ai collaboratori con entusiasmo il tempo passa che non te ne accorgi! Poi io devo sempre ringraziare prima di tutto un pubblico che mi ha sempre seguito, che mi ha sempre rispettata.
Parliamo di questo cofanetto: i primi 4 cd riassumono la tua storia dal ‘65 quindi anche “Tu sei quello”, il brano con cui hai vinto il disco per l’estate, fino ad oggi. Questi sono i 4 dischi che rappresentano la somma della tua esperienza musicale…
Sono quattro cd del passato e un cd invece nuovo che ho registrato a Napoli con la grande orchestra sinfonica del maestro Campagnoli e mi sono trovata molto bene. L’ho fatto a Napoli perché ho lavorato con il maestro Campagnoli in tante version di “Napoli prima e dopo”, ho notato che lui lavorava bene con i violini e anche con il tempo per questo ho deciso di fare questo ultimo lavoro con lui e ne sono stata molto soddisfatta. Ho anche inserito alcuni brani classici napoletani, canzoni come “Torero”, “tu vo fa l’Americano” che rispettano l’anima di Carosone che era un genio, un genio dell’ironia. In questo lavoro ho voluto fare un video che in cinquant’anni non l’avevo mai fatto: il video di “Dietro un grande amore”, poi ho fatto il secondo video “Que se esconde detras” che sarebbe la versione in spagnolo di “Dietro un grande amore” e adesso ho appena registrato “‘Na sera ‘e maggio” che sto promuovendo da fine maggio fino novembre, poi a Natale ne farò un altro.
Quale brano ti ha dato in certo senso una svolta nella vita?
Tante canzoni mi hanno dato delle soddisfazioni inaspettate, come quelle che ho fatto con Umberto Balsamo, quando ho iniziato a produrmi da sola.
Sei sempre stata molto presente in tv ospite protagonista di molti programmi come “Domenica in”, “Buona domenica”, non solo in veste di cantante, cosa ti ha dato la tv?
La tv forse mi ha dato la popolarità, sono rimasta per le persone che mi hanno seguito, che mi seguono come una di famiglia: non dobbiamo dimenticare i programmi che c’erano una volta, il “Festival di Sanremo” lo seguivano 20-30 milioni di spettatori, la finale di “Canzonissima” del 6 gennaio che faceva un record 30 milioni di telespettatori.
Ho fatto 5 anni “Quelli che il calcio”… sono state trasmissioni che hanno avuto tanto ascolto e penso che mi abbiano dato tanto, specialmente “Buona domenica”, dove tutte le domeniche cantavo con la grande orchestra Demo Morselli, per un cantante è una bella soddisfazione.
Sei sempre stata molto presente, anche all’estero per gli italiani che continuano a seguirti un po’ dappertutto nel mondo e che tu continui ad andare a trovare…
Sì, ho fatto una o due tournée all’estero ogni anno, perché ho tanto lavoro anche in Italia specialmente in estate mi piace molto fare il tour italiano, perché la nostra Italia è splendida le feste di piazza sono così piene calore e di gente. Sono uniche.
Che ricordi hai della Svizzera?
Mi ricordo che si veniva spesso, c’erano dei festival, la festa di Lugano, ricordo che venivo spesso anche per la televisione…
Infatti il tuo Tipitipiti negli anni ‘70 è stato in classifica in Svizzera…
È una canzone che ho venduto tantissimo anche in Italia, più di 800 mila dischi.
Un commento sui talent: cosa ne pensi, di queste “fabbriche di concorrenti” di cui poi, alla fine, come direbbe Morandi, solo “Uno su mille ce la fa” e molti, invece si perdono per strada?
Praticamente sono tutti bravi protagonisti, hanno una bella voce, una bella tecnica però rischiano di imitare, non hanno personalità. Io ricordo che quando c’eravamo noi negli anni ‘70 –‘80, c’era Patty Pravo, Milva, Iva Zanicchi, Mannoia, Gigliola Cinguetti, ma ognuno aveva la propria personalità, adesso se una chiude gli occhi sembra sempre la stessa cantante che canta.
Puoi ricordarci l’aneddoto riguardante “Fin che la barca va”, quando ti hanno offerto di interpretare questo brano…
Quando me l’hanno fatto ascoltare cantava Pace che aveva la erre moscia e non si capiva niente di quello che diceva, poi strimpellava il pianoforte alla sua maniera e quindi ho detto “a me non piace!”. Allora Panzeri fa: “bene bene bene, se non piace! Questo bravo venderà più di un milione di dischi, perché se non piace alla Berti vuol dire che sarà un grande successo”. E cosi è stato.
Leo Caruso
e Bruno Indelicato
di Radio Lora Italiana