La vittima, Marcello Quattromini, era un fisico nucleare, mentre l’assassino, Mario Nardi, un commerciante in pensione
Un’altra storia di ordinaria follia. Questa volta, però, ad esserne protagonisti, seppure con ruoli diversi, sono state due persone definite “perbene”, almeno fino al momento in cui è successa la tragedia. Una tragedia evitabile, con appena un pochino di buon senso. Invece, tutto è accaduto in pochissimi minuti e senza che nessuno dei protagonisti avesse mai immaginato che uno sarebbe morto quella mattina stessa, appena dopo essersi alzato, l’altro sarebbe diventato un assassino. La storia è accaduta a Monte Porzio Catone, vicino Roma, in un palazzo con tanti condomini. Su un pianerottolo abitavano Mario Nardi, 67 anni, commerciante in pensione, single, e Marcello Quattromini, 49 anni, fisico nucleare dell’Enea, l’Ente nazionale per l’energia atomica, sposato, con tre figli. Motivo dell’ennesima lite tra i due era il rumore che si faceva in casa Quattromini: vociare forte e continuo da parte dei figli, grida, televisione ad alto volume, di giorno e di notte. Tra i due i litigi non erano infrequenti, lo sapevano tutti nel palazzo, Nardi se ne lamentava con tutti e in modo particolare con Quattromini, tra l’altro descritto dai colleghi, amici e conoscenti come “persona mite. Evidentemente senza successo.
La mattina del delitto, il solito rumore dall’appartamento di Quattromini, il solito Nardi che protesta, i due se le dicono fuori dalle rispettive porte, anche perché, per ripicca, anche il Nardi aveva alzato il volume della radio. Quattromini, per tutta risposta, era sceso giù, in cantina e aveva spento il contatore di Nardi. Di qui, l’uscita dell’uno e dell’altro e il battibecco sul pianerottolo. Poi Nardi entra in casa, va a prendere una pistola regolarmente dichiarata e spara contro il vicino colpendolo al cuore.
Nardi, allora, si barrica in casa mentre i familiari di Quattromini ormai morto accorrono in attesa dell’ambulanza, chiamata dai vicini. Per il povero Quattromini non c’è nulla da fare: è morto a 49 anni, nel pieno delle sue forze fisiche e mentali, per un motivo futile: una banale lite tra due condomini per problemi di rispetto (o non rispetto) delle regole di buona educazione. Alla vittima sarebbe bastato un po’ di attenzione ad educare i figli a rispettare le regole di convivenza civile, all’assassino un pochino di calma e di pazienza. La faciloneria dell’uno e l’impulsività dell’altro ha prodotto una situazione penosa. Quattromini, scienziato, un avvenire roseo per sé e per la sua famiglia, è morto per un futile motivo; Nardi, in pensione dopo aver lavorato un’intera vita, finito in carcere, dove presumibilmente passerà il resto della sua vita, abbrutito di dentro e di fuori. Una famiglia distrutta, anzi, due. Ecco la testimonianza di Nardi: “Facevano troppo rumore, troppo chiasso, non ce l’ho fatta più. Glielo avevo detto cento volte, poi ho detto: basta. Abbiamo litigato sul pianerottolo. Così ho perso la testa, ho afferrato la mia pistola e ho sparato”. Quella di Quattromini, purtroppo, non può aver luogo. Nardi aggiunge, tra le lacrime, appena resosi conto del disastro che ha creato: “Mi faceva dispetti in continuazione, facevano un baccano infernale, non mi lasciavano riposare. Erano insopportabili. Tenevano la radio o il televisore a un volume esagerato, a orari impossibili. Anche di notte. E poi mi facevano dispetti. Quello di staccarmi la corrente è stato l’ultimo. Impossibile continuare così”.
Ci sono le testimonianze dei colleghi di Quattromini, che lo definiscono “una persona perbene”. Si occupava di laser con applicazioni nel campo della medicina e dei beni culturali.La sua morte, così assurda, è una grandissima perdita, umana e professionale”. Ci sono anche quelle su Nardi: “Fino a quel momento era stata una brava persona, aveva sempre lavorato, una vita di sacrifici”. Fino alla mattina in cui è avvenuto il litigio, i dispetti e poi l’omicidio.