Calenda: “La crisi non è alle spalle”, c’è ancora molto da fare
Sulla tanto mormorata crisi in Italia si è pronunciato il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda che, intervistato da Repubblica, si è pronunciato sull’attuale situazione.
Calenda spiega che la crisi non è affatto passata e che per agire bisogna studiare un vero piano industriale. In questo governo “nei primi sei mesi il nostro export è cresciuto il doppio della Francia e che la produzione industriale ha ripreso a correre. Ma il numero delle imprese che innova ed esporta non cresce in proporzione. Noi abbiamo un rapporto fra export e prodotto interno lordo di circa il 30%. È tanto, ma la Germania arriva al 50. Bisogna recuperare quei 20 punti se vogliamo che la crescita coinvolga tutto il Paese”.
Il problema è che la crisi dura da tempo e soprattutto che i vari governi della fine della prima e della seconda Repubblica “in trent’anni nessuno ha fatto niente per le imprese di questo Paese”. Per questo motivo l’Italia ha perduto il 25% della propria base manifatturiera dal 2007 al 2014. Adesso, secondo Coletti, ci sarebbe una certa ripresa economica grazie alle riforme attuate: “La crescita economica è anche la conseguenza di alcune misure quali il piano industria 4.0, il jobs act, i tagli al’Irap e all’Ires. Industria 4.0 prevede incentivi automatici che premiano solo chi investe. Con l’iperammortamento chi acquista un macchinario digitale risparmia il 36% di tasse. Un terzo glielo paga lo Stato. E abbiamo abolito gli incentivi che venivano messi a bando: al ministero c’erano per queste voci 10 miliardi non spesi che erano ormai inutilizzabili. Metà li ho già restituiti al Tesoro”.
Per quanto riguarda il lavoro e il fatto che ancora ci sono milioni di giovani che non hanno un posto di lavoro, il ministro afferma che il problema dell’occupazione rimane di interesse centrale e anche se si è registrato “un recupero di 800 mila posti del milione e 100 mila perduti con la crisi” nella prossima legge di bilancio è previsto un lavoro di “decontribuzione per le assunzioni dei giovani e vareremo un credito d’imposta per la formazione a supporto delle professioni a rischio”.
Ma per Calenda l’Italia potrà superare la crisi solo attraverso un piano industriale che intervenga sui settori più importanti dell’economia. “In passato – spiega a la Repubblica il ministro dello Sviluppo economico – si pensava solo ad aumentare le tasse, far lievitare spaventosamente la burocrazia, e accrescere i costi per le aziende, a cominciare da quelli per l’energia. Ora la politica ha rimesso le imprese al centro. Ma l’Italia ha bisogno di un piano industriale, che punti a sviluppare settori cardine come manifattura, “life science”, turismo e cultura”. In questo momento e attraverso il governo di Gentiloni per Calenda “le cose sono ben avviate, ma non affatto risolte”, per questo “il rischio di trovarci di fronte a una prossima legislatura caotica esiste”. Guardando all’Europa, Calenda afferma che il periodo è molto delicato e bisogna fare “ogni sforzo per mantenerne i valori ma rafforzare le capacità di risposta”. “Le relazioni internazionali sono sempre più dure, l’Occidente è fratturato, mentre si sta diffondendo ovunque un pericoloso rifiuto della modernità, dai vaccini all’innovazione tecnologica, dall’apertura dei mercati alla tolleranza”. Tutto ciò non gioca a favore dell’Italia e della sua ripresa economica. “Stiamo attraversando un crocevia della storia molto pericoloso. E per l’Italia il vero rischio è che alla fragilità dell’economia che va pian piano migliorando si aggiunga ora la fragilità di una governance debole e poco efficiente” conclude il ministro.
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