Il disgelo tra il presidente iraniano Rohani ed Obama ha aperto la porta del dialogo ma a Ginevra la Francia ha fatto saltare l’accordo sul nucleare all’ultimo momento
E’ ripartita a Ginevra la trattativa tra l’Iran e i Cinque più uno (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più la Germania, cioè il Consiglio di sicurezza dell’Onu con la Germania senza diritto di voto). Il tema era il nucleare iraniano a scopi civili (secondo l’Iran) e a scopi militari (secondo gli altri). Le trattative furono bloccate tre anni fa, quando ci fu la rottura in quanto l’Iran negava i siti atomici che le prove satellitari confermavano e negava l’arricchimento dell’uranio ad uso militare che i servizi segreti avevano accertato.
Come si ricorderà, durante la presidenza di Ahmadinedjad c’è stata la rottura diplomatica ma anche l’introduzione delle sanzioni economiche che non hanno piegato l’Iran, ma l’hanno prostrato. In più, c’era Israele che premeva sulla comunità internazionale e in primo luogo sugli Usa affinché s’intervenisse per tempo per bloccare la costruzione della bomba atomica. Da prove satellitari e fotografiche, nonché da notizie provenienti dai servizi segreti si dava per imminente – un anno – il punto di non ritorno. Se non si fosse intervenuto entro quella scadenza, la costruzione della bomba sarebbe stata irreversibile. Fu fissato anche un limite – giugno scorso – per l’intervento. Che non c’è stato per almeno un paio di buoni motivi. Il primo è che in Iran ci sarebbero state le elezioni, poi effettivamente avvenute, con la possibilità di una svolta nel regime; il secondo è che Obama era restio all’intervento, come lo era in Siria.
Ebbene, le elezioni sono state vinte da Mohammad Rohani, che ha introdotto dei cambiamenti. In primo luogo, ha dialogato con gli ebrei iraniani facendo loro gli auguri per una ricorrenza ebraica; in secondo luogo, ha affermato che gli iraniani non vogliono la bomba atomica; in terzo luogo, alle Nazioni Unite ha svolto un intervento interlocutorio, dicendosi pronto ad incontrare Obama, ciò che poi è effettivamente avvenuto con un contatto telefonico; in quarto luogo – ed è storia di un mese fa – ha dato una mano sulla questione siriana, convincendo Assad a rinunciare all’uso e al possesso delle armi chimiche. Questa iniziativa, esercitata in modo non appariscente ma costruttiva, ha accelerato il dialogo a due tra Usa e Iran ed ha portato, appunto, alla ripresa delle trattative che si sono svolte a Ginevra.
Ma vediamo come sono andate le trattative e perché sono state sospese proprio mentre si era ad un passo dall’accordo L’Iran aveva proposto una road map della durata di sei mesi, entro i quali avrebbe garantito tre risultati: 1) la sospensione dell’arricchimento dell’uranio al 20% (soglia per l’impiego militare); 2) limiti all’attività delle centrifughe per l’arricchimento; 3) il completamento del reattore atomico di Arak entro l’inizio del 2014 rimandandone l’attivazione ad altra data. Come si vede, l’Iran stesso ha ammesso che stava arricchendo l’uranio a scopi militari. Come contropartita chiedeva lo scongelamento dei proventi petrolifici bloccati in banche estere per un valore di circa 50 miliardi. I punti oscuri erano che nessuno aveva la garanzia che questi impegni sarebbero stati realmente mantenuti, in mancanza di verifiche sul posto. Israele, per parte sua, aveva già a suo tempo messo in guardia gli Usa dal cedere alle sirene iraniane, ma gli Usa erano disponibili a riduzioni “mirate e limitate” delle sanzioni.
Come si vede, il filo era sottile e infatti si è spezzato. Chi si opponeva al “cedimento” non era e non è solo Israele, era ed è anche (e soprattutto) l’Arabia Saudita, alleato degli Usa. I Sauditi, infatti, che sono sunniti, sono nemici dell’Iran (sciiti) e temono che un accordo rafforzi l’Iran nella regione e destabilizzi il Medio Oriente, perché eserciterebbero una forte pressione alla ribellione sugli sciiti che vivono in Arabia Saudita come negli altri Paesi sunniti. Come avrebbe fatto la Casa Bianca a conciliare il “cedimento” all’Iran o comunque un risultato favorevole ad entrambi e nello stesso tempo mantenere l’alleanza con l’Arabia Saudita? La conciliazione era difficile. A Washington è spuntata l’idea di fare a meno dell’Arabia Saudita (per il rifornimento energetico si è aperta la prospettiva del gas contenuto nelle rocce scistiche). D’a parte sua, l’Arabia Saudita, per reazione alla bomba iraniana, potrebbe anch’essa ricorrervi, acquistandola dal Pakistan. Insomma il cedimento Usa avrebbe potuto provocare e può ancora provocare una svolta nel sistema delle alleanze in Medio Oriente. Fatto sta che a far saltare tutto non sono stati gli Usa ma la Francia, che vuole un “accordo vero”, basato sullo stop al programma nucleare iraniano e la riapertura del mercato del greggio iraniano.
A questo punto la trattativa è stata interrotta, ma il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Zarif, si è detto fiducioso che il negoziato riprenda a breve scadenza.