Esordisce giovanissima in teatro, con Giorgio Strehler e le canzoni della “malavita”. Negli anni Sessanta
l’incontro con Gino Paoli, che le dedica Senza fine. Recita in Rugantino, con Nino Manfredi, Bice Valori, Lando Fiorini e Aldo Fabrizi, ottenendo un successo clamoroso. In seguito, Ornella decide di tornare alla canzone, diventando protagonista della musica non solo italiana e regalandoci titoli come: Io ti darò di più; La musica è finita; Tristezza; Una ragione di più; Eternità; L’appuntamento; Domani è un altro giorno; Musica, musica; Vai Valentina. Ha anche collaborato con più grandi artisti internazionali. Sua attuale passione: la musica jazz
Ornella, hai esordito con le canzoni della mala. Come hai vissuto l’evoluzione del tuo personaggio in una donna sofisticata ed alto borghese?
Di famiglia sono sempre stata alto borghese. La stagione delle canzoni della mala per me è terminata quando mi separai da Giorgio Strehler. Da allora che ho deciso di fare l’attrice e continuare la mia carriera teatrale. Ma in seguito ho scelto di dedicarmi prima di tutto alla musica.
Ricordiamo le tue canzoni delle trasmissioni di Canzonissima degli anni ’70: sentivi che il pubblico ti vedeva in un modo diverso?
Quando io e Strehler ci siamo lasciati per me il periodo della “mala” era definitivamente terminato. Negli anni ’70 come cantante ho cambiato completamente genere musicale. In Italia sono stata la prima ad occuparmi dei cantautori, come ad esempio: Gino Paoli, Mino Reitano, Domenico Modugno, Sergio Endrigo, Luigi Tenco, Franco Califano, Umberto Bindi.
A quale canzone ti senti più legata, quale ricordi con più affetto…
Ce ne sono troppe per dirvi a quale mi sento più legata.
Puoi parlarci dei tuoi ricordi teatrali? Portasti Rugantino in America…
La produzione aveva deciso di fare una traduzione simultanea con una scritta che scorreva sotto il palco. A quei tempi il pubblico non era abituato ed ebbi l’impressione che facessero fatica a seguirci. Ma lo spettacolo era bellissimo. Ricordo che il nostro arrivo in America fu molto divertente. Aldo Fabrizi, una persona di grande simpatia, non voleva separarsi dal suo baule pieno di spaghetti, di caciotte, formaggi e prodotti tipici italiani. Tutta la compagnia rimase bloccata per due ore in aeroporto sinché la dogana statunitense riuscì a risolvere la questione. Durante il nostro soggiorno in America, ogni giorno Aldo Fabrizi andava sempre a mangiare nei ristoranti italiani. Portammo Rugantino anche in Canada ed Argentina, dove ottenemmo un successo clamoroso.
Veniamo alle tue collaborazioni internazionali. In “Ornella &…” del 1986 hai lavorato con i più grandi musicisti americani. Come ti sei trovata con loro?
Ci trattenemmo per mesi in America, e girammo anche molti filmati. Il disco infine arrivò a costare talmente tanto che la produzione ci chiese di registrare non uno, ma addirittura due vinili. Questo voleva dire che registrata una canzone, dopo dieci minuti ne registravamo immediatamente un’altra. Ancor oggi ho l’impressione di non essere riuscita ad entrare in totale sintonia con i miei collaboratori. Ricevevo i più grandi musicisti in rapida sequenza, uno dietro l’altro, senza sosta. Lo ammetto: ero emozionatissima. Erano dei mostri sacri, come George Benson, Gil Evans, Herbie Hankock. Gente così non si incontra tutti i giorni.
Che ricordi hai delle tue collaborazioni con Vinicius de Moraes e Toquinho per l’album ‘La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria’ del 1976?
Questo disco è tra i capolavori mondiali della sua epoca. Con il mio produttore, Sergio Bardotti, andammo a San Paolo del Brasile per incontrare Vinicius e Toquinho. Poi loro ci vennero a trovare in Italia, a Roma, dove abbiamo registrato tutto in tre mesi. Ci siamo divertiti tantissimo. Stavamo sempre insieme. Mangiavamo, ridevamo, piangevamo. Allora si lavorava così. Quelli erano periodi un cui si stava tutti sempre insieme. Oggi è diverso: il telefono o il tablet ti danno l’impressione di stare insieme, ma in realtà si vive in solitudine.
Ci parli delle tue produzioni più recenti?
Attualmente viene riproposto al pubblico il mio album “Argilla”, in cui lavoro con il jazzista Paolo Fresu. È una produzione non commerciale, coraggiosa, non destinata a passare per radio, appena presentata con un grande concerto a Parigi. Sono quattordici tracce fra musica brasiliana e jazz, originariamente incise nel 1997. È un disco voluto personalmente da me, con dei jazzisti straordinari e di cui per i collezionisti abbiamo anche stampato una versione in vinile con una edizione numerata. Nel febbraio di quest’anno poi ho lanciato Un pugno di stelle, un cofanetto di tre CD con i miei piu’ grandi successi.
Ornella: hai fatto teatro, cinema, sei ancora una protagonista della musica. Cosa ti ha spinto a scegliere di fare la cantante?
In realtà, spesso mi sono personalmente occupata anche di molte delle regie dei miei spettacoli, come nel caso del mio tour “Un filo di trucco, un filo di tacco” del 2014. Oggi preferisco lavorare con jazzisti. Le loro scenografie sono più semplici perché questo tipo di spettacolo si gioca sulle luci, oltre che naturalmente sulla musica.
Ornella, le tue canzoni sono amate da tutti. Come è cambiata la musica italiana dai tuoi esordi ad oggi?
Per quanto riguarda la musica italiana alcune produzioni, come quelle di Tiziano Ferro, Elisa, Zucchero, hanno degli arrangiamenti decisamente originali. Il resto del mercato ho l’impressione che sia un po’ piatto dal punto di vista delle scelte musicali.
Quando sali sul palco oggi provi ancora la stessa emozione dei tuoi esordi?
L’emozione, non dico la paura, ma l’emozione ci deve essere sempre. Se non provi emozione, non riesci a trasmetterla al pubblico.
Ornella, grazie di questo incontro. Come puoi salutare i nostri lettori?
Certamente, vi abbraccio tutti!
NL TOMEI
foto: Ansa