La nave norvegese Northern Explorer da settembre per conto della Croazia sta sparando cannonate di onde sonore da 300 decibel. La fauna marina in fuga
Nel mar Adriatico si vede andare su e giù la nave norvegese Northern Explorer alla ricerca del petrolio. L’area battuta va da nord (di fronte a Venezia e Trieste) a sud, fino al Montenegro. Cosa e come fa la nave per trovare il petrolio? Spara cannonate, decine di cannonate al giorno, che sono in realtà onde sonore da 300 decibel sparate sui fondali, che rimbalzano e la cui eco rivela se c’è (e dove) o non c’è il petrolio. La nave norvegese lavora per conto della Croazia, costa la bellezza di 12 milioni di euro al mese e scandaglia l’Adriatico orientale, quello che appartiene alla Croazia. Il bello è che il petrolio è stato trovato, ce n’è per una riserva di tre miliardi di barili, almeno stando alle notizie diffuse finora, ma potrebbero essercene di più.
A diffondere la notizia è stato il ministro degli Esteri di Zagabria, Ivan Vrdoljar, che ha parlato di “una piccola Norvegia di gas a Nord e di petrolio a Sud che può fare di noi un gigante energetico dell’Europa”. Il giacimento ammonta finora a 12 mila km quadrati. La riserva di petrolio potrà valere centinaia di miliardi di dollari. La conformazione dei fondali e l’acqua non profonda del mar Adriatico fanno sì che il petrolio potrà essere estratto con circa una ventina di piattaforme dall’Istria alla Dalmazia. Per fare un paragone, il ministro aggiunge: “L’Italia ne ha 180 ed estrae comunque meno di quel che potremmo fare noi”. E’ comprensibile come i grandi marchi petroliferi, dall’’Exxon Mobil ad Eni, passando per i marchi francesi e inglesi, abbiano drizzato le orecchie.
Per la stampa la notizia è recente, ma per navi e viaggiatori abituali è da almeno cinque mesi che le “cannonate” vengono sparate provocando una dura reazione da parte dei biologi marini del Blue World Institute di Lussino, i quali hanno denunciato le conseguenze di quelle cannonate paragonabili al rumore di due Boeing in partenza messi insieme. Il rumore assordante non è udito tanto sopra, quanto sotto la superficie del mare al punto che tutti gli animali – tartarughe marine, balenottere, foche monache, capodogli, delfini – sono fuggiti terrorizzati da quelle vere e proprie esplosioni di decibel. Se ne sono accorti i pescatori dello Jonio che li hanno visti in gruppi numerosi. Alcuni esemplari si sono arenati tra Jesolo e l’Abruzzo, altri sono stati uccisi dall’inquinamento acustico. Già l’Adriatico rassomiglia ad un mare morto, con quelle cannonate assordanti i danni faunistici rischiano di essere maggiori.
L’allarme è stato lanciato dalle Associazioni che si battono per l’equilibrio ambientale nel mare, anche perché c’è un altro rischio: quello che potrebbe avvenire fra qualche anno, quando aumentano i pericoli di un disastro ambientale con il traffico delle petroliere senza che le società cui fanno capo abbiano provveduto a pagare le assicurazioni per coprire eventuali incidenti e relative bonifiche.
Dopo la notizia della scoperta del petrolio nell’Adriatico orientale sono cominciati ad affiorare anche alcuni altri problemi di gestione. La Croazia non è in grado di estrarre da sola il petrolio, dunque dovrà vendere concessioni alle varie compagnie. Ma non è finito. Siccome l’area sfruttabile arriva fino al Montenegro, è chiaro che esso rivendicherà la sua porzione di bacino petrolifero. Non solo. La società petrolifera croata, Ina, fu fondata mezzo secolo fa da Tito, ma qualche anno fa il 25% è stato venduto all’ungherese Mol, il cui presidente è accusato dalla magistratura croata di aver dato tangenti all’ex presidente croato Sanader. Insomma, un pasticcio, perché la Croazia rivendica quel 25% venduto in maniera fraudolenta, ma è difficile che l’Ungheria, fiutato l’affare, lo restituisca gratis.
La preoccupazione dei croati è che dietro l’ungherese Mol ci siano i russi di Gazprom, cioè Putin. In sostanza, se questo fosse vero, vorrebbe dire che la Russia di Putin potrebbe mettere uno zampino nel mar Adriatico, il che sarebbe una cattiva notizia per molti Paesi di quell’area e per l’Europa stessa.
Per adesso di sicuro c’è che nell’Adriatico orientale c’è petrolio, in discrete quantità.