Ben ritrovati cari lettori e care lettrici! Diteci, avete presente quanto ci si impieghi, dopo una piacevole settimana passata fuori, a rimettersi in pari con il ritmo frenetico di tutti i giorni? Esatto: tanto! Ma perchè no? Nei momenti magari un po’ difficili che possono capitarci, il ritorno a quel piacevole periodo passato non può che fare bene! E allora torniamo con la nostra narrazione alla mattina di quel martedì, primo giorno di novembre, che ci ha portati alla “Citè des Science”. Il complesso di costruzione moderna è situato vicino a quello che era il nostro albergo e questo ci ha permesso di riposare di più nel bel mondo dei sogni. Proprio come il mondo della scienza, di cui assistiamo ogni giorno al progressivo sviluppo e capillare specializzazione, anche il museo era suddiviso in diverse esposizioni corrispondenti alle varie branche della suddetta disciplina. Dopo quella che oseremmo definire come una salutare “passeggiata scientifica” nei diversi reparti (geologia, genetica, fisica…), ci attendeva, c’è davvero da dirlo, un meraviglioso spettacolo al planetario: appoggiati sui comodi schienali delle poltrone, le luci iniziarono ad abbassarsi e…zac! Ecco che avevamo l’universo sotto la stupefatta lente dei nostri occhi! È stato sensazionale vedere davanti a noi le varie costellazioni, viaggiare indietro nel tempo per cercarne l’origine, scoprire i movimenti della Terra e avere la possibilità di vedere un’aurora boreale proprio davanti ai nostri occhi. Davanti alla “Citè des Science” si erge un’altra imponente struttura: la Geode, completamente sferica, che permette, al suo interno, la visione di filmati su uno schermo dieci volte maggiore di quello a cui siamo comunemente abituati, oltre a possedere chiaramente un eccellente impianto sonoro. È stato qui che abbiamo assistito alla proiezione di un documentario dal titolo “Hubble” che parlava proprio dell’efficiente satellite in orbita attorno alla Terra e che, a causa di un guasto doveva essere sottoposto ad un’opera di manutenzione. Ci siamo quindi trovati di fronte alla testimonianza di un gruppo di astronauti che avevano proprio il compito di riparare al danno; abbiamo sentito dell’adrenalina provocata dal conto alla rovescia, un po’ di smarrimento nel vedere il nostro pianeta rimpicciolirsi sempre di più alla nostra vista, ma abbiamo anche scoperto la preparazione, l’impegno e il duro lavoro che si celano dietro ad una missione ben lontana da garanzie sicure di ritorno. Dopo tutte queste emozioni spettacolari la giornata è passata davvero in fretta tra una passeggiata nel centro di Parigi, qualche spesa e poi una buona cioccolata calda! Ad onor del vero, non possiamo certo dire che ricorra poche volte nel nostro racconto la parola “passeggiata”; in effetti è proprio un’altra piacevole camminata che ci ha condotti ai piedi della monumentale e sinuosa Tour Eiffel la sera del giorno stesso. Scorgevamo la meta, in tutto il suo splendore dorato delle luci già in lontananza e, cammina cammina, vedevamo la Tour Eiffel diventare sempre più grande finché, giunti a destinazione ci sovrastava con tutta la sua suggestività. Come descrivere appieno il cuore che accelerava il suo ritmo davanti alla Torre? E come spiegare lo splendido panorama che già si pregustava a metà del percorso? Arrivati in cima avevamo davvero Parigi ai nostri piedi: i monumenti lontani, ma distinti, e le automobili così piccole! Improvvisamente non facevamo più parte di quella piccola umanità che, nella frenetica corsa, si dannava per ogni nonnulla. Per un attimo, durante tutta l’estasiata contemplazione della capitale ancora pulsante della Francia, i problemi erano rimasti giù, i timori e le incomprensioni non ci raggiungevano là ove nemmeno la nebbia osava addentrarsi. Tutto era perfetto, tutto era al suo posto, sotto la protezione di un cielo terso; è un’immagine che rimarrà per sempre scolpita nella nostra mente. Ma un altro giorno speciale ci stava attendendo la mattina seguente, programma? Un incredibile viaggio attraverso sette secoli di arte: il Louvre! Maestoso già nella sua struttura ci ha tolto il fiato nel momento stesso in cui ci siamo trovati nel cortile e poi sotto la lungamente criticata piramide di vetro; ci siamo trovati in un vero labirinto di tesori. “Amore e Psiche”, che con la sinuosità del loro abbraccio ci hanno fatto rimanere incantati davanti alla scultura; la “Nike di Samotracia” che spadroneggiava, leonessa ferita ma mai vinta dal tempo, sulle gradinate del museo; la “Venere di Milo” racchiusa nella sua provocante torsione; il dubbio sorriso della “Monna Lisa” che nutre di inchiostro i mai sazi libri critici sul suo mistero; la “Libertà che Guida il Popolo” di Delacroix, capace di accendere lo spirito ribelle e a volte cieco degli uomini. Potremmo ancora continuare, ma non basterebbero mille pagine per descrivere lo statuario movimento delle figure, il tacito richiamo dei dipinti e la maestosità dello scrigno che racchiudeva tutti questi gioielli. Usciti dal museo abbiamo trovato davanti a noi altri due capolavori: l’Arc de Triomphe e gli Champs-Élysées. E il cammino continua! Passo dopo passo lo sguardo si fermava sulla “prigione dorata” delle Tuileries e più avanti ci siamo trovati in piazza della Concordia, che vide la morte della nostra buona regina Maria Antonietta. E chissà che ne avrebbe pensato proprio la Libertà di Delacroix dei vari soprusi della corsa verso la democrazia, perchè di ciò si trattò: dell’uccisione di una madre; questo era lei prima di tutto, oltre che una donna. Ma, sotto accuse di lussuria e sete di potere, sotto sguardi d’odio e appellativi di disprezzo, è fin troppo facile condannare una ragazza diventata regina da un giorno all’altro. Regina di uno Stato che già da tempo soffriva la fame, e in cui un’ipocrita alleanza austriaca non avrebbe certo risolto i problemi; moglie di un re infantile e superficiale, cercò di proteggere i figli come l’istinto le comandava, ci sarà riuscita? Che gioco da ragazzi parlare del suo sguardo di arrogante disprezzo per descrivere i suoi ultimi minuti di vita; molto più scomodo sarebbe stato rivelare la dignità e la forza che l’imminente fine non sapeva negarle! Perchè di due cose si nutrono le coraggiose rivoluzioni: spari e sangue. Ma abbandoniamo la malinconia di un passato che non possiamo mutare e dal quale speriamo di trarre insegnamenti costruttivi, e arriviamo in un luogo che ha saputo regalarci un’altra spettacolare visuale di tutta la città : il quartiere di Montmartre. Dopo una visita alla chiesa del Sacro Cuore siamo andati alla ricerca di un buon ristorante, e quale accogliente locale viene proposto dalla prof. ssa Caterina Magnano? Il ristorante “Mère Catherine”! Era il quartiere degli artisti, il quartiere degli incapaci di pregiudizi e, nella suggestiva trattoria, ci ha accompagnati per tutta la cena una dolce melodia francese. Colei che la cantava ci ha saputo davvero regalare un’atmosfera magica e rimarrà legata ai nostri ricordi; ma poi è così che funziona, giusto? Milioni di universi che si incrociano, urtano o smussano le altrui solitudini per poi separarsi ancora. Quindi ne approfittiamo per mandare al suo tenero ricordo una parola sincera: grazie! Anche questa volta è nostro dovere concludere qui la narrazione dei nostri ricordi, e chi vorrà leggere ciò che è accaduto fino al termine del nostro viaggio, dovrà aspettare la prossima settimana. Un saluto dalle vostre giornaliste.
Merola Maria-Grazia &Federica Breimaier