Prendono forma concreta due riforme urgenti. Imprenditori e sindacati si sono accordati per riformare il secondo pilastro. Alain Berset ripropone i 65 anni per l’età di pensionamento delle donne
La scorsa settimana nell’agenda politica a Berna ha dominato il tema della previdenza vecchiaia: il compromesso storico sul secondo pilastro, la previdenza professionale (LPP), tra associazioni degli imprenditori e sindacati e il progetto “AVS 21” con una serie di misure per stabilizzare e garantire il finanziamento del primo pilastro fino al 2030. Il ministro della sanità Alain Berset ha presentato i provvedimenti, basati sulla riforma al finanziamento complementare AVS approvato dagli svizzeri lo scorso 19 maggio insieme alla riforma fiscale per le imprese (RFFA). Le misure principali di “AVS 21” sono due. Il progetto prevede che le donne vadano in pensione a 65 anni e auspica un aumento dell’IVA di 0,7 punti percentuali al massimo (dal 7.7 all’8.4 per cento). Per bilanciare il controverso innalzamento da 64 a 65 anni, che sarà progressivo di tre mesi l’anno, la riforma prevede una compensazione di 700 milioni per nove anni. “Modificare l’età di pensionamento richiede rispetto. Bisogna prevedere compensazioni importanti” ha detto Berset che ha rimandato al compromesso sul secondo pilastro tra i partner sociali che prevede misure in favore delle donne. “AVS 21” alleggerirebbe il primo pilastro di 2.8 miliardi, che sarebbe stabilizzato fino al 2030. La riforma è però troppo cara per i partiti borghesi PLR e UDC che respingo l’aumento dell’IVA, mentre i 65 anni non convincono la sinistra e i sindacati che non vogliono “una riforma sulle spalle delle donne” e hanno minacciato il referendum. Raggiungere un secondo compromesso nella previdenza vecchiaia sarà molto più difficile. La presa di posizione dei partiti borghesi sulla misure di finanziamento sarà l’ago della bilancia per trovare una maggioranza parlamentare. Entro la fine di agosto il Governo presenterà un disegno di legge e il relativo messaggio da trasmettere al parlamento.
Non è scontata anche la maggioranza sul compromesso per il secondo pilastro. La riforma della previdenza professionale (LPP), che annovera tutti i salariati con reddito minimo di 21.330 franchi annuo, prevede la diminuzione del tasso di conversione dal 6.8 al 6 per cento. Un domani i pensionati riceveranno una rendita più bassa (-12 per cento) del loro capitale risparmiato. Un richiesta esplicita delle casse pensioni che oggi non riescono a mantenere le promesse sulle rendite per tutti, per l’impossibilità di copertura del capitale risparmiato e per le difficoltà sui mercati finanziari. Una misura che è stata sempre combattuta dai sindacati, ma che oggi, grazie al compromesso trovato su altre misure, hanno approvato. Si tratta di misure che migliorano la situazione per i salari più bassi e per chi lavora a tempo parziale, tra loro molte donne, delle quali circa il 60 per cento lavora a tempo parziale. La deduzione di coordinamento sarà dimezzata a 12.442 franchi che porta a un salario assicurato più alto e quindi si pagheranno maggiori contributi che porteranno a maggiori rendite. L’altra misura principale, che ha convinto i sindacati, prevede un supplemento per le future rendite. Esso verrebbe finanziato con un contributo salariale dello 0.5 per cento su tutti i redditi soggetti all’AVS fino a 853.200 annui. Saranno rivisti anche i contributi salariali, oggi bassi per i più giovani ed elevati per i lavoratori più anziani. Ci saranno solo due categorie, del 9 per cento da 25 a 44 anni e del 14 per cento da 45 a 55 anni e più. Questa misura permetterebbe più benefici per i lavoratori anziani e di mantenere il livello pensionistico di una generazione transitoria di 15 anni. I costi aggiuntivi ammontano a 2.7 miliardi di franchi. Il compromesso in sé è un successo dopo oltre 15 anni di litigi tra i partner sociali che chiedevano la riforma. Non tutti i partecipanti al tavolo della trattiva approvano. L’Unione svizzera arte e mestiere (USAM) respinge l’idea della redistribuzione e vuole assicurare le rendite con maggiori contributi sui salari. Il Consiglio federale deciderà se sottoporre o meno questo compromesso al Parlamento. I critici dovrebbero analizzare attentamente questo primo compromesso dei partner sociali su un dossier urgentissimo. Imprenditori e sindacati credono fermamente di trovare una maggioranza in Parlamento e anche alle urne, quando l’ultima parola sarà della popolazione.
Gaetano Scopelliti