Il ministro del lavoro vaglia tutte le opzioni possibili per rendere flessibile l’uscita in pensione
Non si ferma il ministro del lavoro in quella che può essere definita la ricerca della flessibilità. Giuliano Poletti, infatti, in un suo intervento a Modena ha voluto precisare il suo incessante lavoro di ricerca di tutte le opzioni possibili per una re-introduzione della flessibilità per l’accesso alla pensione. “Stiamo lavorando sulle riforma delle pensioni. Sappiamo che c’è un aspetto da risolvere legato a uno scalino alto che blocca il turn over introdotto dalla Legge Fornero”. In modo particolare l’azione si rivolge specificatamente all’innalzamento dell’età del ritiro dal lavoro, introdotto sotto il governo Monti con la celebre riforma della previdenza che blocca nelle aziende l’ingresso di nuove forze lavoro. In altre parole blocca l’ingresso dei più giovani nel mondo del lavoro. “In questo momento stiamo valutando opzioni e punti di equilibrio assieme al ministro dell’Economia Padoan” specifica Poletti. Infatti assicura il Ministro che un intervento affinché si possa reintrodurre la flessibilità in pensione ci sarà, ma solo se compatibile con il quadro dei conti pubblici e degli obiettivi definiti dal Def, il Documento di Economia e Finanza con il quale il governo ha definito le stime per il Paese nel prossimo futuro. E quindi non potrà che essere minimo, focalizzato sulle categorie con maggiori problemi. Per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, infatti, “sono possibili correttivi per chi è vicino ai requisiti ma in difficoltà con il lavoro”. “Il sistema previdenziale – spiega ancora in un tweet – dev’essere legato a durata lavoro e aspettative di vita”. Tra le varie possibilità esaminate c’è sempre l’ipotesi Damiano-Baretta con la possibilità di anticipare fino a 62 anni il pensionamento, con un taglio del 2% per ogni anno di anticipo con un limite dell’8%, e quella sulla “quota 100” tra età e contributi costerebbero rispettivamente 8,5 e 10,6 miliardi. Ad ogni modo il governo è intenzionato a trovare una soluzione e i tecnici sono già a lavoro, ma adesso è richiesta una certa celerità poiché l’indicazione è quella di predisporre un testo per il varo della Legge di Stabilità, il 15 ottobre. I tempi sono stretti e, vista la delicatezza del tema, le norme potrebbero arrivare anche nel corso dell’iter. Certamente non si tratterà di un intervento generalizzato. Si guarderà invece alle donne e lavoratori anziani che hanno perso l’occupazione, con flessibilità mirate. Per le lavoratrici, che nel settore privato dal prossimo anno dovranno uscire dal lavoro con un anno e 10 mesi di ritardo, l’ipotesi allo studio è quella della “riapertura” della cosiddetta Opzione Donna. Questa nuova opzione consentirebbe di andare in pensione con 57 anni d’età e 35 di contributi, ma con tutto l’assegno calcolato col metodo contributivo. Non è un gran vantaggio perché la perdita media potrebbe essere del 25-30%. Ma così, come ha promesso Renzi, una lavoratrice potrebbe decidere di rinunciare a parte della pensione e aiutare i figli a guardare i nipotini.