Feci un pezzo di strada correndo, dovevo recuperare il tempo per fare altre telefonate.
Chiamai un giovane soldato, anche lui oppositore del Führer, e gli diedi un appuntamento nel quartiere Mitte. Sulla Schlobplaz c’era il duomo di Berlino e la cattedrale apriva la sua porta principale sul Lustgarten. Era un posto sicuro e ci si poteva facilmente spacciare per studenti di architettura.
Ero seduto sul primo banco a destra, con una matita sull’orecchio. Era il segno di riconoscimento per incontrare il soldato.
“Sa che la chiesa originaria venne costruita intorno alla metà del diciottesimo secolo su un disegno di Johann Boumann in stile barocco?” una voce interruppe la mia attesa.
“È uno studente di architettura?” chiesi senza girarmi.
“Sono Mark! Le piace Berlino?”
Capii subito che era il mio uomo.
“In quale caserma fa servizio?”
“Nell’Accadermi Führer” rispose lui.
“Da domani anch’io sarò in quella caserma. Ho bisogno di una mano”.
“Tutto ciò che posso fare, lo farò!”
“Conosce un posto dove poter nascondere una macchina da scrivere e dei testi di letteratura russa?”
Lui restò in silenzio.
Capivo bene quanto fosse pericolosa la mia richiesta ed incalzai con un’altra affermazione.
“Non si preoccupi, capisco bene la difficoltà della mia domanda”.
“L’unico posto dove poter nascondere una macchina da scrivere è nella cappella della caserma. C’è un piccolo campanile dove nessuno ci va mai” disse infine Mark.
“Come faccio ad arrivare al campanile senza che nessuno mi veda?”
“L’addestramento finisce alle 18:00. Solitamente tutti si rifugiano nelle loro camerate. Avrebbe il tempo utile prima della cena. Le posso indicare come arrivare”.
Mi sembrava troppo rischioso e pericoloso il fatto di salire ogni volta sul campanile, circondato da mille sguardi che avrebbero potuto determinare la mia fine.
“Aspetti. Perché non cerca di entrare nelle grazie del capitano Friedrich e si fa spostare nell’ufficio stampa della caserma?” consigliò il soldato.
Lui nemmeno immaginava da quanta grazia già ero stato baciato e di come il nome del capitano suonasse così familiare alle mie orecchie.
Comunque cercai di restare nel vago e chiesi chi fosse il capitano Friedrich.
“Da qualche anno ha perso suo figlio. Era un giovane professore che aiutava suo padre nell’ufficio stampa, preparando tutti i suoi discorsi”.
“È un uomo temuto?”
“Non ripete mai due volte la stessa cosa. Tutta la caserma gli ha attribuito la nomea di un uomo senza sorriso. Penso che questo possa bastare a farle capire chi ha di fronte e non sarà facile chiedere al capitano di far parte dell’ufficio stampa”.
Era così lontana la descrizione che Mark mi aveva confidato dall’uomo che avevo conosciuto sulla riva del mare che, più di una persona senza sorrisi, sembrava semplicemente una persona affranta dalla perdita del figlio. E forse trovava pace nel silenzio dei pensieri, piuttosto che in frasi lanciate qua e là (per creare il suono della voce).
Ringraziai in qualche modo il soldato, che mi lasciò seduto nella chiesa salutandomi con una pacca sulla spalla ed augurandomi buona fortuna.
Ritornai nell’alloggio per prendere tutte le mie cose, sempre con il pensiero rivolto su come avrei potuto nascondere la macchina da scrivere ed i testi letterari. Non c’era poi così tanta alternativa, era troppo rischioso introdurre tutto nella cappella.
Prima di rientrare in caserma, cercai di contattare un’altra persona, forse la persona più vicina a mio padre. Un certo Telerich, che aveva lavorato presso l’ambasciata tedesca a Mosca.
Mi sentivo avvolto da un mistero di personaggi, quasi come se una ragnatela impercettibile tramava contro un’intera Nazione ed io ero il ragno che aspettava la sua preda.
Telerich era un pazzoide astutissimo, amante della letteratura greca e grande bevitore di assenzio. Ricordo che ogni volta che veniva a casa nostra ne portava con sé una bottiglia e, dopo qualche bicchiere, sprofondava nei suoi visionari racconti. Era l’unica persona che lavorasse per l’Unione Sovietica a Berlino che conoscevo veramente. Abitava nel quartiere storico della città in una piccola casa coperta dall’edera, che mi ricordava molto un quartiere che si nascondeva in Piazza Navona nel cuore di Roma.
Andai direttamente a trovarlo, senza nessuna avvisaglia, visto che la caserma non distava molto. Non avevo tanto tempo a disposizione, ma Telerich era così importante in quel momento che non ne potevo fare a meno.
Avvicinatomi alla casa, lo intravidi dalla piccola finestra. Com’era diverso dall’ultima volta che l’avevo incontrato! Si era fatto crescere la barba ed aveva una pancia enorme.
Diedi due piccoli tocchi sul vetro e lui subito si girò. Non gli sembrava vero che io fossi lì.
“Mi sento come Argo quando ha riconosciuto il suo padroncino Ulisse. Sono così felice di vederti! Sbrigati, entra subito dentro!” Disse Telerich.
“Come stai mio grande amico?”
“Il mondo sta cambiando troppo in fretta, non si trova più il senso di nulla”.
“Ho poco tempo a disposizione, Telerich. Da domani sarò arruolato nella milizia tedesca”.
“Nella milizia?” rimase stupito.
“Sto indagando su un certo capitano Friedrich. Sei la prima persona a cui lo confido. Ho con me una macchina da scrivere e dei testi russi. Potresti tenerli fin quando troverò un posto più sicuro incaserma?”
“Certo, lascia tutto da me”.
“Telerich, ho bisogno di confidarti una cosa, una cosa che temo da tempo. Tutta questa storia mi sta trasformando in qualcosa che non conosco. Tutti questi miei segreti mi fanno perdere il senso di me stesso”.
“Tante volte sento fiumi di parole urlate che scivolano via come note stonate di uno strumento non accordato, attraversano pensieri e pensieri, fanno cambiare espressioni, scavano forse delle ferite, ma non riescono a interrompere quel silenzio che parla senza parole, dove l’anima incontra l’Io misterioso, segreto, celato agli altri, dove muoiono i segreti. Si apre uno specchio e tu sai se sei la pioggia che cade, il vento che soffia, una fiaccola accesa, un cuore che pulsa o il buio della notte, un volto senza volto, una scia che non lascia impronte. Potresti cambiare mille identità, ma alla fine sarà sempre l’Io che ti parla in silenzio. Non preoccuparti Hans, quello che stai facendo è un qualcosa di estrema importanza”.
Le sue parole erano entrate così nel profondo che mi avevano aperto tutte quelle porte che pensavo chiuse dentro di me. Una dopo l’altra si spalancavano e facevano entrare una luce fortissima, che rendeva tutto più nitido, tutto più chiaro.
“Sai dove trovarmi, terrò la tua macchina da scrivere e i tuoi libri. Usa la mente per nascondere tutti i segreti che riuscirai a scoprire e non lasciar trapelare mai un minimo indizio. Questo è necessario per salvaguardare la tua vita”.
Abbracciai forte Telerich, come un figlio abbraccia un padre, e lo ringraziai di cuore.