Il mese di settembre è stato il più caldo degli ultimi centocinquant’anni
Siamo ormai in inverno ed è venuto il freddo. È normale, è vero, che faccia freddo in questi giorni, ma non è normale che fino a un paio di settimane fa abbia fatto fresco di notte e caldo di giorno. A volte, le temperature registrate nel corso della giornata hanno superato di gran lunga la media stagionale, per cui è evidente che ci siamo trovati di fronte ad un cambiamento climatico importante, al punto che i meteorologi hanno parlato di un settembre tra i più caldi degli ultimi centocinquant’anni. Lasciamo da parte il dibattito sulle cause che hanno prodotto questo cambiamento, se si tratta dell’inquinamento prodotto dall’uomo o, come è più probabile, se si tratta dell’attività del sole che si è ripercossa sul nostro pianeta (non sarebbe la prima volta), e vediamo di mettere a fuoco quali sono le conseguenze di questo aumento di temperatura sull’ambiente naturale, di cui ha parlato recentemente il professor Giampiero Maracchi, direttore del Dipartimento di Bioclimatologia presso il centro Ibimet del Consiglio Nazionale delle ricerche di Firenze. I cambiamenti ci sono stati innanzitutto sugli animali e sulle piante. Gli animali sono programmati per seguire cicli naturali regolari, per cui ogni essere vivente – quindi anche l’uomo – si è adattato a questi cicli nel corso di migliaia di anni. Se questi cambiamenti sono notevoli e durano nel tempo, allora vuol dire che tutto il sistema entra in crisi e può dar vita a fenomeni a cui non siamo abituati. Il caldo da una parte e la mancanza di piogge dall’altro hanno anticipato, ad esempio, la raccolta delle olive e la vendemmia. L’anticipo di tre settimane della raccolta delle olive non significa solo un anticipo temporale, ma anche un’influenza sulla qualità del frutto. “Le olive, dice il professor Maracchi, sono mediamente più piccole del normale e con un nocciolo più grande: la parte di polpa è quindi minore. Le viti hanno prodotto meno uva, acini più piccoli ma con un contenuto di zucchero superiore al solito. Ne risentiranno quindi la produzione di olio e di vino, che saranno inferiori a quelle tradizionali”.
Le conseguenze del caldo e della mancanza di piogge si sono fatte sentire anche su altri alberi da frutto. Prendiamo i cachi. Normalmente la raccolta di questi frutti avviene tra ottobre e novembre, mentre quest’anno la raccolta è stata anticipata. La stessa cosa può dirsi delle castagne, la cui raccolta avviene nella seconda metà di ottobre. Anche le piante ornamentali ne hanno risentito. Il caldo ha provocato una seconda fioritura dopo quella primaverile. Quando c’è accumulo di calore, queste piante vengono ingannate e perciò fioriscono una seconda volta. Oltre che sulle piante i cambiamenti dovuti al caldo hanno avuto riflessi anche sugli animali. Queste le osservazioni del professor Maracchi: “Negli animali che vanno in letargo durante l’inverno, come gli scoiattoli, i tassi e i ghiri, l’istinto a nutrirsi per accumulare le scorte di grasso necessarie a sopportare i rigori invernali, non è scattato”. Solo con i primi freddi questo accade, ma siccome il caldo si è protratto oltre l’estate, hanno avuto problemi a fare quello che normalmente fanno verso la fine del mese di settembre. Una riprova di come gli animali si siano trovati scombussolati dall’aumento della temperatura è dimostrata dal numero di lucertole che si sono viste nei parchi e nei giardini. “Le lucertole”, ha spiegato il professor Maracchi, “sono animali a sangue freddo che mettono la testa fuori dalle tane appena avvertono il tepore del sole. Se il freddo non arriva, loro continuano ad uscire all’aperto e a riprodursi. Di qui l’aumento della popolazione avvenuta sotto gli occhi di tutti”. Ancora: gli uccelli. Nel mese di settembre e anche oltre non si erano ancora preparati per le migrazioni stagionali e sono rimasti in Italia anche se avrebbero dovuto iniziare il loro viaggio verso i Paesi caldi. Gli storni, contrariamente a quanto facevano in passato, rinunciano a lunghe migrazioni e rimangono qui. In questo caso i mutamenti del clima sono stati talmente importanti da causare una rivoluzione del loro normale istinto”. E gli uomini? Vale per loro quello che vale per gli animali e le piante. Ecco il giudizio del professor Maracchi: “Gli uomini vivono bene se c’è un’armonica alternanza delle stagioni. Gli sbalzi termici tra giorni assolati, con temperature estive, e notti fresche, con valori autunnali, ci hanno resi tutti più vulnerabili all’azione dei virus che aggrediscono le vie respiratorie”. È esattamente quello che si sta verificando. [email protected]