Il presepio deve la sua origine a San Francesco, patrono d’Italia. Un uomo e un santo che, meglio di tutti, ha saputo interpretare il senso delle parole di Cristo e il significato della sua venuta al mondo. Ed è lui, di ritorno da un viaggio in Palestina, a proporre per la prima volta la ricostruzione vivente della Natività a Greccio, nel reatino, nel lontano 1223, con l’intento di ricreare la mistica atmosfera del Natale di Betlemme. Quello, grazie alla partecipazione degli abitanti del paese, fu il primo presepe vivente nel mondo.
Per quanto riguarda i presepi realizzati artigianalmente, l’Italia ha tradizioni ancora più antiche. A Napoli si ha notizia del presepe già nel 1025, in un documento che menziona la Chiesa di S. Maria del presepe, e nel 1324, quando viene citata ad Amalfi una “cappella del presepe di casa d’Alagni”. Nel secolo XV compaiono i primi “figurarum sculptores” che realizzano sacre rappresentazioni in chiese e cappelle napoletane: le più importanti sono quelle dei presepi di San Giovanni a Carbonara dei fratelli Pietro e Giovanni Alemanno, San Domenico Maggiore, Sant’Eligio e Santa Chiara. Si tratta di statue lignee policrome a grandezza naturale colte in atteggiamenti ieratici di intensa religiosità, poste davanti ad un fondale dipinto. Ma il secolo d’oro del presepio a Napoli è il ‘700 e coincide con il Regno di Carlo III di Borbone, sovrano mecenate che riporta la città partenopea al livello delle più ferventi capitali europee, alimentando una meravigliosa fioritura culturale e artistica, testimoniata anche dalla magnifica produzione presepiale.
Il “figurinaio” diviene una vera e propria professione, che coinvolge anche le donne di casa adibite al taglio e cucito delle vesti, con specializzazioni diverse, nella realizzazione di pastori, di animali, di strumenti di lavoro e musicali, di prodotto dell’orto e minuterie varie tutti riprodotti in scala.
Dopo il regno di Ferdinando IV il presepe cominciò a decadere, quelli realizzati furono smontati, i pastori venduti o dispersi: così dei fantastici presepi del XVIII secolo non è giunto fino a noi quasi nulla. Tra i pochi salvati, il magnifico allestimento Cuciniello, donato dallo scrittore Michele Cuciniello alla città di Napoli e conservato nel Museo della Certosa di San Martino.
In Sicilia l’arte presepiale, pur risentendo degli influssi della scuola napoletana, presenta tuttavia diversi caratteri originali, variabili a seconda delle provenienze geografiche.
Quattro sono le aree dove in particolare si sviluppa un artigianato presepiale fortemente caratterizzato: i territori di Palermo, Siracusa, Trapani e Caltagirone. A Palermo e nel siracusano, dove l’apicultura è molto diffusa, fin dal ‘600 si usa la cera per plasmare statuine di Gesù Bambino e poi interi presepi. In quest’arte si distinguono i cosiddetti “Bambinai” che operavano a Palermo nella zona della chiesa di San Domenico tra il ‘600 e il ‘700; tra loro un caposcuola fu Giulio Gaetano Zumbo del quale si può ammirare un presepe al Victoria and Albert Museum di Londra e Giovanni Rosselli ricordato da una sua opera al Museo Regionale di Messina nonché Anna Fortino, Giacomo Serpotta e Anna La Farina.
I Bambinelli sono di fattura raffinata, impreziositi da accessori d’oro e d’argento, ieratici nell’espressione e rappresentati con una croce in mano. Nel ‘800 sono rinomati i “cerari” siracusani che producono presepi interi o Bambinelli dall’espressione gioiosa o dormienti, recanti nelle mani un agnellino, un fiore o un frutto e immersi in un tripudio di fiori di carta e lustrini colorati dentro teche di vetro (scarabattole). Tra loro eccellono Fra’ Ignazio Macca, del quale si conservano alcuni presepi nell’eremo di San Corrado a Noto e nel Museo Bellomo di Siracusa e Mariano Cormaci ricordato dal presepe in cera a grandezza naturale sito nella grotta di Acireale.
Notevole anche il presepe conservato nel palazzo Vescovile di Noto, che rappresenta uno spaccato di vita contadina, composto da 38 figure inserite nel paesaggio dei monti iblei. A Trapani per la fattura dei presepi si utilizzano materiali nobili e soprattutto il corallo, da solo, come in epoca rinascimentale, o insieme all’avorio, alla madreperla, all’osso, all’alabastro e alle conchiglie, nel periodo barocco e rococò, quando alla composizione centrale della Natività fanno corona architetture in stile d’epoca dove si rappresentano scene fantasiose e simboliche. Splendidi esemplari quelli esposti ai musei Pepoli di Trapani e Cordici di Erice. A Caltagirone, città produttrice di ceramiche fin dal ‘500, i presepi sono realizzati in terracotta e rappresentano come cornice alla Natività, scene di vita contadina e pastorale animate da personaggi tipici di quella civiltà come il pastore che dorme, lo zampognaro, il venditore di ricotta o il cacciatore.
Ma anche Roma, sede della città del Vaticano, vanta una lunga tradizione presepiale. La prima testimonianza si ha con le statue di legno scolpite nel 1289 da Arnolfo Di Cambio e conservate nella cripta della Cappella Sistina della Basilica di Santa Maria Maggiore. Successivamente sono le cronache del frate francescano Juan Francisco Nuno ad informare, nel 1581 sull’uso, ormai da tempo diffuso a Roma, di allestire presepi in monasteri e luoghi di culto ed in particolare nella Chiesa dell’Aracoeli dove era venerata la statua del Bambinello, opera di un frate francescano che l’aveva intagliata in un tronco di ulivo del Getsemani, trafugata nel 1994 e mai più ritrovata.
Nel ‘600 la nobiltà romana inizia ad esporre presepi nei propri palazzi, opere sontuose in linea con lo stile barocco dell’epoca, commissionate ad artisti famosi come il Bernini del quale si ricorda un presepe realizzato per il Principe Barberini. È nell’800 che la realizzazione di presepi si diffonde a livello popolare grazie alla produzione a basso costo, con gli stampi di innumerevoli serie di statuine in terracotta modellate da artigiani figurinai tra i quali anche Bartolomeo Pinelli, famoso in seguito come pittore della Roma del suo tempo.
Sono tuttavia le famiglie più importanti per censo e ceto sociale a realizzare in gara tra loro i presepi più imponenti, ricostruzioni di paesaggi biblici o di scorci della campagna romana caratterizzata da alberature di pini e olivi, costruzioni rustiche e rovine dell’antichità, da mostrare non solo a parenti e amici ma anche a concittadini e turisti, richiamati da fronde di rami appesi ai portoni a somiglianza d’insegne.
Sono rimasti famosi quello della famiglia Forti, posto sulla sommità della Torre degli Anguillara, o della famiglia Buttarelli in Via De’ Genovesi, riproducente il paese di Greccio e la scena del presepe vivente voluto da San Francesco; o quello di padre Bonelli nel portico della chiesa dei Santi Apostoli, parzialmente meccanico con la ricostruzione del Lago di Tiberiade solcato dalle barche e delle città di Gerusalemme e Betlemme.
Articolo precedente
Prossimo articolo
Ti potrebbe interessare anche...
- Commenti
- Commenti su facebook