Da Hanoi un grido di pericolo.
Nel mille novecento cinquanta, il tempo della nostra infanzia, gli abitanti della terra erano due miliardi e mezzo. Oggi sono triplicati. Sono oltre sette miliardi ed una quantità sempre maggiore di popolazione mondiale pretende migliore qualità di vita, che comporta accresciuti consumi energetici e alimentari. La terra è la stessa di 65 anni fa, e sarà la stessa anche fra 35 anni quando saremo dieci miliardi. La terra del terzo millennio – con i suoi nuovi meccanismi socio-economici, con le sue diverse dinamiche del lavoro e della definizione di modelli di sviluppo- ha bisogno di un profondo ripensamento, di un nuovo sforzo culturale che tenga conto di esigenze di sostenibilità ignorate sino a pochi anni fa.
Oggi il superamento del concetto di inesauribilità è ormai un convincimento diffuso. Bisogna limitare il consumo di risorse naturali, produrre diversamente, recuperare e riciclare quanto più possibile i materiali, viaggiare con mezzi alimentati da energia autoprodotta e rinnovabile. Questi obiettivi devono essere alla base delle scelte dei legislatori in tutto il mondo. Le assemblee nazionali rappresentano, quindi, gli attori principali del cambiamento sostenibile. L’esauribilità delle risorse energetiche e quella del territorio abbisognano di una risposta globale.
Il terzo millennio impone questo cambio di prospettiva. Ripensare le attività umane in chiave di “ costruire e vivere sostenibile” significa dunque imprimere un forte cambio di passo. La sfida affrontata ad Hanoi, nella capitale del moderno Vietnam, dalla vasta assemblea dei rappresentanti i parlamenti del mondo è proprio questa: passare dalle parole ai fatti. Rendere la sostenibilità ambientale e sociale come pre-condizione delle attività economiche e delle conseguenti scelte politiche. La sostenibilità ruota attorno a due elementi fondamentali, energia e cibo, che sono anche i temi di EXPO 2015 che si aprirà a Milano il primo maggio prossimo. Ma entrambi gli elementi sono condizionati da un terzo la cui gestione è importantissima e strategica per costruire un modello di sviluppo sostenibile: l’acqua, anch’essa oggetto delle nostre preoccupazioni e delle nostre proposte d’azione.
L’accesso all’acqua potabile è entrato a far parte dei diritti umani che noi siamo chiamati a tutelare. Trascurarne la salvaguardia avrebbe inimmaginabili ricadute sulla possibilità di nutrimento di ampie fasce di popolazione, innescando tensioni socio-economiche, guerre, così come è stato tante volte nel corso della storia- anche recentissima- e finendo persino per diventare mezzo non convenzionale di offesa bellica, come ad esempio in Irak ove gli attacchi infami dell’ ISIS puntano al controllo delle dighe perché dal controllo dell’acqua discende il potere in quella regione.
Bisogna dunque difendere le risorse idriche esistenti, razionalizzarne l’uso, creare moderne infrastrutture per la loro distribuzione a fini irrigui e potabili e dall’altro proteggere le città costiere dall’innalzamento del livello dei mari e lungo i fiumi dagli eventi meteorologi estremi che causano alluvioni e inondazioni. Acqua ed energia: è su questi campi che si gioca la partita principale della sostenibilità ambientale perché il modello di sviluppo del pianeta dipende dal modo in cui nei prossimi anni gestiremo le risorse nell’interesse dell’umanità intera. Il negoziato internazionale sui cambiamenti climatici, che speriamo ci porti a Parigi nel dicembre prossimo alla firma di un accordo sottoscritto da tutti, sarà il luogo in cui si decide una buona parte di quello che sarà il futuro socio economico del pianeta. I governi hanno le proprie responsabilità e i parlamenti hanno il dovere di esercitare la propria funzione legislativa svolgendo un’azione di stimolo e indirizzo politico a garanzia e presidio dell’esercizio dei diritti dei cittadini e per armonizzare la produzione mondiale alla luce del concetto di sostenibilità.
Ad una così rapida intensificazione delle relazioni economiche internazionali prodotte dalla globalizzazione in atto deve corrispondere una linea di indirizzo che solo i parlamenti, in coordinamento tra loro, possono assicurare. Si tratta di un esercizio di responsabilità a cui non possiamo sottrarci perché chiama direttamente in causa la nostra responsabilità verso le generazioni che verranno.
Storie dell’on. Gianni Farina.