Elezioni del parlamento europeo del 26 maggio 2019
Siamo alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo. Il risultato politico del 26 maggio sancirà la rinascita del sogno europeo, ideato dai grandi statisti democratici, dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, o il ritorno, da protagonisti, sulla scena continentale, dei sovranisti cultori degli stati nazioni del novecento, contrassegnato dall’immane tragedia di due guerre mondiali.
Noi tutti, cittadini italiani che hanno vissuto la storia dell’emigrazione italiana del dopoguerra, ci interroghiamo sul ruolo nostro perché possa continuare con successo la costruzione di uno spazio unitario d’una avanzata coscienza europea.
L’Italia ha sempre fatto prova di una incontestabile volontà europea che è stata sovente presentata come una conseguenza della sua esperienza storica di emigrazione poiché, per ben un secolo, molte generazioni di italiani sono espatriati per motivi economici e politici, impiantandosi nell’intero mondo, e anche e soprattutto, nell’insieme dei paesi occidentali.
Ci possiamo quindi chiedere come queste generazioni di Italiani installatesi in Europa sono divenute, nel corso dei decenni, più o meno europee.
Questa volontà europea, ben reale, in una grande parte dell’intera società italiana, è l’effetto di una cultura politica ereditata dal risorgimento e di una riflessione maturata, in Italia ed in esilio, nella lotta antifascista, il cui più fulgido esempio si evince dalle straordinarie figure di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli nel manifesto di Ventotene.
L’esperienza migratoria del novecento ha contribuito alla nascita di una vocazione transnazionale degli italiani. La vaga migratoria, dopo il ’45, in particolare, s’è diretta a grande maggioranza verso i Paesi dell’Europa occidentale contribuendo a consolidare una coscienza ed una cultura, fondamentalmente universaliste ed europee.
D’altronde, le questioni dell’immigrazione hanno, massivamente, influenzato la politica europea e basterebbe, a tal proposito, riandare alla posizione italiana nelle negoziazioni bilaterali con la Francia ed il Belgio e più tardi, negli anni cinquanta, durante il negoziato sul futuro progetto d’Unione europea, nel corso del quale, l’Italia, difendeva il principio di una politica di accentuata integrazione raffigurata nella visione di una federazione europea sovrannazionale.
Anche se l’esperienza migratoria non ha, automaticamente, creato una cosciente identità europea, è indubbio il ruolo che essa ha avuto, partendo dai processi integrativi, nella sperimentazione di uno spazio unitario europeo, contribuendo ad una diffusa omogeneizzazione delle società europee.
Gli emigrati del dopoguerra nei paesi europei rappresentati dall’Unione, sono ora una generazione d’adulti maturi, attivi, partecipanti protagonisti nel dibattito attuale sulla costruzione del processo unitario.
Sovente, d’altronde viene sottolineato come il fenomeno dell’emigrazione, a prescindere dalla destinazione, ha fatto degli italiani un popolo plasmato di cultura transnazionale, sensibile a priori, e dunque favorevole, alla costruzione comunitaria.
Viviamo, ora, una stagione di complessa transizione attraversata da crisi internazionali e da sfide politiche che hanno rischiato di minare la stessa identità e il senso di appartenenza dei cittadini all’Unione europea.
“Occorrerà continuare il lavoro per la costruzione di uno spazio europeo dell’istruzione e della formazione, per una nuova politica per la cultura e la creatività, per le pari opportunità tra uomo e donna, per la cittadinanza solidale e il futuro dei giovani e per costruire l‘Europa del sociale che tuteli i diritti fondamentali, il lavoro culturale e creativo, la democrazia. Su questi obiettivi sono stati ottenuti importanti risultati: i programmi Erasmus, nonché Europa creativa, sono diventati per milioni di europei un punto di riferimento ed una concreta esperienza democratica unitaria”. Sono affermazioni, da me condivise, presenti nel messaggio inviatomi da Silvia Costa al termine della sua straordinaria decennale esperienza al parlamento europeo. I sovranisti non passeranno se il 26 maggio saranno eletti uomini e donne consapevoli che l’Europa unita è il destino comune anche per i milioni di cittadini italiani che vivono, oggi, nello spazio comunitario, che è emblema di libertà, pace, democrazia e giustizia ideato dai loro fondatori.