Sembra strano ma il sonno può aiutare il pensiero creativo
A chi non è capitato di passare ore e ore a rimuginare su qualcosa che proprio sembrava non avere soluzione, incerti sul da fare e con la sensazione di girare a vuoto? ‘Beh, forse è meglio dormirci su’: questo il consiglio che spesso ci è capitato di sentire in occasioni simili o l’unica alternativa che abbiamo trovato una volta vinti dalla stanchezza e dal senso di impotenza.
Ebbene, questo semplice consiglio o questa sorta di resa estrema si è rivelata spesso la soluzione giusta, la strada che ha, quasi automaticamente, portato alla soluzione del problema che attanagliava i nostri pensieri. Non è inusuale infatti avere quella che in molti chiamano ‘un’illuminazione improvvisa’ durante la notte: ad un tratto, senza neanche pensarci, la soluzione al problema cui avevamo dedicato tante ore da svegli ci si presenta d’un colpo con estrema chiarezza, come fosse sempre stata lì ad aspettare che fossimo abbastanza lucidi da accorgercene, un po’ come i pezzi di un puzzle che si incastrano fornendo un’immagine completa e chiarificatrice.
Fin qui nulla di nuovo se non il fatto che, adesso, tutto ciò ha trovato un preciso fondamento scientifico grazie ad alcuni studi condotti dagli scienziati dell’Università di Cardiff che hanno indagato sul modo in cui il sonno Rem e quello non-Rem lavorano insieme per aiutarci a risolvere i problemi quotidiani. Durante il sonno il cervello attraversa diversi cicli, ciascuno dei quali consta di una fase non Rem, ovvero ‘sonno ortodosso’, e di una fase REM, ovvero ‘sonno paradosso’.
Il sonno non è dunque costante né, tantomeno, può essere considerato un evento passivo, rappresentando invece un importante fattore per l’organismo che, a riposo, riesce a catalogare tutti gli avvenimenti utili della giornata cancellando ciò che è ritenuto inutile. In breve, come sosteneva già ai tempi Aristotele, durante il sonno c’è una sorta di attività cerebrale che consente il trasferimento delle informazioni tra la zona dell’ippocampo, che è la parte del cervello in grado di codificare le esperienze recentemente vissute, e la neocorteccia nella quale vengono memorizzati i dati nel lungo periodo. Nel corso di una o più notti, dunque, l’ippocampo e la corteccia si sincronizzano ripetutamente e si disaccoppiano, e questa sequenza di astrazione e di connessione si ripete di continuo. In base a quanto scoperto, il sonno non-Rem aiuta a organizzare le informazioni in categorie utili, mentre quello Rem permette di andare oltre queste categorie creando connessioni inaspettate.
Come nella costruzione di un puzzle, non basta avere tutti i pezzi (informazioni utili) per comporre l’immagine (leggi risolvere il problema), ma occorre anche metterli bene insieme, trovando il giusto incastro, ovvero creando i giusti collegamenti. E farlo riesce meglio dopo aver dormito, come dimostra uno studio condotto tramite un esperimento su due gruppi di persone ai quali è stato chiesto di risolvere due tipologie di problemi correlati tra di loro. Ebbene, il gruppo che si è preso una pausa durante la notte per dormire se l’è cavata meglio di chi ha affrontato i problemi nell’arco della giornata.
Dormire aiuta dunque ad affrontare con la dovuta preparazione un problema complesso ed è ormai scientificamente provato che tornarci sopra il giorno successivo consente di rivalutare i pensieri e di fornire la soluzione migliore. Se abbiamo un problema difficile da risolvere, concediamoci quindi abbastanza notti di sonno e la soluzione non tarderà ad arrivare.