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23 November 2024
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Il fattore P

Quando il lavoro ci chiede troppo: il burnout

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Cari Lettori, in questa occasione vorrei parlare di una sindrome che solo di recente è stata identificata e approfondita: si tratta dal burnout, termine che letteralmente richiama a qualcosa che si è bruciato. Ebbene, il significato del termine è piuttosto esplicativo in quanto chi soffre di questo problema va incontro a tre principali sintomi, tutti scaturiti da una peculiare condizione lavorativa: esaurimento emotivo, ci si sente come svuotati e annullati dal proprio lavoro; depersonalizzazione, ossia si assume un atteggiamento cinico e di rifiuto verso chi usufruisce dei nostri servizi; mancato senso di realizzazione professionale che consiste in un sentimento di inadeguatezza e insuccesso rispetto al lavoro svolto. Nello specifico, una persona che si è dedicata “anima e cuore” allo svolgimento di una certa professione si ritrova insoddisfatto, esaurito e demotivato in quanto ritiene che ciò che ha dato in qualche modo non gli sia tornato indietro. A scatenare il burnout sarebbe proprio un bilancio molto negativo che vede le risorse spese nel lavoro in netta maggioranza rispetto ai risultati e alle soddisfazioni che il lavoro dà (e non si tratta solo di salario). Il termine ha origine nel contesto sanitario, dunque nell’ambito delle professioni di aiuto: provate un attimo a pensare a come si sentono tutti quegli infermieri che si prendono cura dei malati terminali…chiaramente questa categoria di lavoratori ha una sua importantissima funzione, però non è certo facile fronteggiare il fatto che a prescindere dal tipo di supporto che si dà purtroppo quel paziente se andrà.

Ad oggi si è poi compreso che il burnout colpisce non soltanto le professioni d’aiuto: possiamo trovare persone in preda a questa sindrome anche ad uno sportello bancario e purtroppo anche negli asili.

È importante come sempre fare prevenzione e riconoscere i primi segnali di questa forma di esaurimento sul luogo di lavoro e rivolgersi ad un aiuto psicologico in caso di bisogno.

Nonostante ci troviamo in un contesto quale quello svizzero, molto focalizzato sulla produttività, e la rilevanza della professione svolta è innegabile (pensiamo solo al tempo speso a lavoro), è importante ricordare a noi stessi che noi SVOLGIAMO un lavoro e non SIAMO un lavoro. Auguro a tutti di poter vedere nel lavoro una fonte di passione e di arricchimento e non di annichilimento!

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