L’affermazione rimanda ad alcuni casi che mi permetto di citare. Un ex carcerato mi disse che lui avrebbe preferito restare in galera perché là aveva la vita assicurata. Pasto gratuito, nessuna bolletta della luce da pagare a fine mese, ogni giorno una passeggiata all’aria aperta dentro il recinto di detenzione, ogni giorno un lavoretto a riempire le sue buste di pubblicità per una ditta e cosi’ si guadagnava qualche soldino. Una volta fuori dal carcere si è sentito un po’ perso perché doveva organizzarsi, cercarsi un lavoro, controllare le spese, ecc. In una parola paura della libertà.
Un secondo caso di tutt’altro contesto: una signora, pia e praticante, mi dice che lei preferiva la messa in latino vecchia maniera, anche se non capiva niente, e la predica del prete del suo paese che ripeteva e le martellava in testa sempre le stesse cose ma lei aveva imparato a memoria e che la rassicurava tanto da sentirsi in pace. con la sua coscienza. Anziché la messa in italiano con preti che ti riempiono la testa di nuove idee, ti confondono, ti mettono sottosopra le tue abitudini devozionali e mentali e ti costringono a pensare diversamente, nuova maniera.
Anche qui paura della libertà. Per non citare poi il terzo caso quello attinente a Papa Francesco, che sta annoverando sempre più contestazioni fra i cattolici dello zoccolo duro, che lo osteggiano per avere con la sua popolarità, la sua visione nuova e aperturista, la sua misericordia, sino al punto che non si riesce più a capire dov’è la vera religione e quasi bisogna rifare tutto: anche qui paura della libertà.
ll che significa, ribaltando il discorso, che molti preferiscono una “certa” schiavitù. Indubbiamente qui esuliamo dalla schiavitù di carattere sociale, quella massa umana per secoli riserva addetta al servizio dei capitribù’, degli imperatori, dei signorotti, dei mecenati e dei colonizzatori abolita fra il 1795 e il 1866. Per contrapposto Intendiamo la libertà dal punto di vista psicologico o se vogliamo etico morale. E questa libertà è oggi una delle parole piu’ usate e abusate. Vedi libertà di stampa, di manifestazione, di contestazione, di pensiero e via via.
E pensare che la libertà è la facoltà più nobile, ciò che ci distingue e ci rende superiori agli animali come possibilità di autoriflessione e di autodeterminazione fino all’eroismo o di annullarci fino agli invertebrati. Ma è anche la parola più equivocata. Fa veramente paura perché aumenta il ventaglio delle scelte e scegliere è terribile, tanto che noi ignorando l’uso elementare della libertà abbiamo creato un mondo in cui tutte le scelte sono revocabili. Oggi ti sposo ma domani possiamo divorziare, ti ingravido ma nel caso possiamo abortire.
Il terrore della libertà è tale che anche quando uno si espone ad una piccola scelta deve avere la garanzia che la scelta sia revocabile. Quando la persona ha paura non è libera, e quando è libera ha paura. Lo scopo della vita è di essere liberi oppure di legarsi a qualcosa di piu’ grande di noi che ci libererà veramente da noi stessi e dalle nostre angosce?
Essere liberi non significa come banalmente si è soliti pensare fare ciò che piace e per di più farlo senza considerare in alcun modo le conseguenze delle nostre azioni. Significa essere capaci di assumersi le responsabilità che l’essere liberi comporta a cominciare da quelle di poter scegliere senza condizionamenti e la disponibilità ad affrontare rischi connessi dai quali sarebbe comodo sfuggire.
Ed è per questo motivo che in realtà, contrariamente a quello che di solito si crede, molte persone hanno paura della libertà, a tal punto che spesso la rifiutano, preferendo seguire la via più facile, più rassicurante e comoda che porta a fa scegliere gli altri, così da poter sempre presentare le loro decisioni, le loro azioni, come conseguenza di qualcos’altro, come l’imposizione di qualcun altro, mai come frutto di loro libere scelte. Far risalire all’esterno la responsabilità delle nostre azioni ecco che cosa si ricerca da parte di molti, altro che la tanto invocata libertà. In tante occasioni si costata come quanto sia radicata l’abitudine di cercare sempre un appiglio al quale potersi aggrappare pur di non esporsi, pur di non dover decidere in proprio su cosa fare, su come agire quando ci si trova di fronte ad un problema. Oggi viviamo in una cultura di indecisi.
La maggior parte della gente se potesse non deciderebbe mai e se proprio è costretta a scegliere, si garantisce che la scelta si revocabile, che ci sia una via di uscita, e si lasci aperta la possibilità di smentire questa scelta. Certo niente è detto una volta per tutte perché la vita è dinamica. Ma il ventaglio di possibilità può diventare realtà solo quando lo si delimita facendo delle scelte precise che implicano la rinuncia ad altre alternative.
È così che l’uomo traccia la sua storia personale. Siamo talmente gasati di conformismo che riteniamo questo mondo di confusi come l’unico possibile. Facciamo parte di una società così malata che coloro che vogliono reagire e guarire vengono definiti strani e i conformisti vengono chiamati sani.
ALBINO MICHELIN
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