Cosa vuol dire non abbracciare il proprio figlio per tanti anni? Cosa
significa dover lottare quotidianamente per veder riconosciuto il proprio diritto di genitore? Fare il papà è difficile, ma lo è ancora di più quando viene negata ogni possibilità per farlo. Sono tanti i papà che ogni giorno devono scontrarsi con la dura realtà di questo diritto negato come succede a R.V., papà di N., che a cuore aperto ci ha raccontato che non ha mai smesso e mai smetterà di lottare per poter un giorno rivedere proprio figlio…
Parlaci di te…
Sono un uomo di 43 anni di origini pugliese che come tanti ha dovuto cercare lavoro lontano. All’età di circa 26 anni mi sono sposato con quella che adesso è la mia ex moglie. Attualmente vivo e lavoro stabilmente a Verona, sono un lavoratore statale laureato in scienze politiche. Mi dedico molto al volontariato.
Mio figlio N. oggi ha dodici anni e ne compirà tredici tra poche settimane; mi è stato sottratto con una menzogna nel 2012 dalla mamma, quando aveva solo sei anni. Le battaglie legali iniziate da allora, nonostante siano state tutte vinte, non hanno portato a nulla. Sentenze sterili.
Da quanto tempo non vedi tuo figlio?
Nell’anno 2016, dopo vari ricorsi tutti positivi a seguito dei quali mia moglie è stata ulteriormente censurata, il P.M. decise che per ristabilire i rapporti padre figlio ormai compromessi c’era necessità di effettuare degli incontri protetti. Mi preme sottolineare che solo per organizzare il calendario con i Servizi Sociali ho dovuto insistere per molte settimane.
Di incontri protetti ce ne sono stati solo sei e l’ultimo è datato 1 dicembre 2016, da quel momento non ho mai più visto il bambino.
Nessun motivo giustifica il comportamento di un genitore che non favorisce gli incontri tra i figli e l’ex coniuge. Io volevo solo riabbracciare mio figlio e da allora sono passati ben tre anni.
Lo ricordo bene l’ultimo giorno che ci siamo visti perché N. piangeva dicendo che voleva andar via con me e trascorrere assieme ai nonni il Natale a Verona. Un fatto gravissimo fu che durante il primo incontro con la psicologa il bambino volle carta e penna e scrisse una lettera di poche righe nella quale chiedeva di stare con me. La lettera scomparve.
Ho sempre la stessa foto in testa mio figlio: che alza la testa e chiede alla psicologa di poter andare via con me. Alcuni mesi dopo i Sevizi Sociali dichiareranno che il bambino non voleva più vedermi.
La Corte d’Appello a fine 2016 censurò nuovamente le condotte di mia moglie e dichiarò che nulla poteva di fatto modificare la sentenza di separazione. Così chiedemmo di poter prelevare il bambino nelle vacanze di Natale come voleva anche lui, ma la signora sentendosi tutelata da un sistema che non funziona ignorò nel vero senso del termine la nostra richiesta.
Un altro mezzo che ha utilizzato in questi anni e tutt’ora per dissuadermi nell’avvicinare il bambino è quello di presentare querele a dismisura. Cosa che accadeva regolarmente: dopo un viaggio di 800 km raggiungevo la scuola di mio figlio non trovandolo. Al mio rientro a Verona scoprivo di essere stato querelato per le peggiori accuse.
Tieni presente che per cinque volte i procedimenti tentati a mio carico sono stati archiviati tutti con la stessa motivazione: “il fatto non sussiste” e/o “dichiarazioni sono generiche prive di riscontri, e verosimilmente forme di difesa per giustificare il proprio comportamento da me denunciato”.
Attendo ancora una giustizia che ad oggi non sa come muoversi. Qualche giorno fa, il 14 marzo 2019, un Magistrato di Verona in udienza per l’affido mi ha detto molto infastidito che “Esistono gli strumenti!” per rendere esecutive le sentenze. Alla mia domanda “Quali?” ha risposto “Ad esempio potevate fare un intervento per chiedere una censura e/o le modifiche della separazione!” Gli ho tristemente fatto notare che “L’ho fatto!… ma la mia ex moglie è stata censurata e se ne è continuata ad infischiare delle sentenze!”. Il magistrato a quel punto si è ammutolito.
Puoi descrivere in cosa consiste la tua lotta giornaliera per rivedere tuo figlio?
Ho un sogno nel cassetto e lotterò per questo ovvero che venga emanata una legge che sanzioni immediatamente il genitore che ostacola il rapporto tra i propri figli e l’ex coniuge. Anche con una semplice multa ma che nella recidività abbia una reclusione immediata. Possono sembrare termini forti ma se venisse fatto ciò nessun genitore padre o madre che sia ostacolerebbe più i rapporti.
Ma ho anche un’altra percezione, in Italia queste condizioni vissute da molte persone vengono lasciate esistere perché sono diventate strumenti di sfruttamento economico. Questo è il mio pensiero.
Le decisioni nelle aule troppo spesso vengono adottate sulla base di rapporti viziati da parzialità come ad esempio quelle dei Servizi Sociali. La mancata adozione da parte delle Autorità nazionali di misure atte a garantire il diritto di visita è una chiara violazione del diritto alla vita privata e familiare, e spesso il nostro Stato non adotta provvedimenti positivi in violazione dell’art. 8 CEDU.
Basterebbe forse al contempo che quando l’Italia viene condannata (come accade) dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo proprio per la restrizione del diritto di visita del genitore non affidatario anziché far pagare alla collettività, ne rispondessero monetariamente gli “addetti ai Lavori”. Forse il sistema cambierebbe.
Un ultimo aspetto che mi sta a cuore è che mio figlio mi è stato portato via a sei anni. Oggi ne ha tredici, cosa possono più rubarci lo Stato Italiano e/o mia moglie? Anche tra quarant’anni non smetterò di combattere e sperare.
Quali sono le difficoltà di un papà a cui viene negato il diritto della genitorialità?
La difficoltà che maggiormente un papà deve affrontare purtroppo è legale ed economica. Nessuno pensa mai che il lato umano viene completamente oscurato nonostante anche gli uomini siano persone con dei sentimenti e dei dolori. Sempre più spesso i papà vengono da subito attaccati pesantemente.
Le donne, come la mia ex moglie, aderiscono alla giustizia con il gratuito patrocinio, vogliono ottenere il mantenimento ed avere la disponibilità dell’abitazione utilizzando i bambini solo come oggetto di contesa e fonte di guadagno. Non siamo più considerati persone ma bancomat. Molti vengono cacciati di casa e nella peggiore delle ipotesi non hanno un luogo dove vivere. Come può una persona a questo punto condurre battaglie legali per garantire esclusivamente un diritto costituzionale: essere genitori! Ce ne sono molti altri ma passano per forza di cose in secondo piano anche se sono molto seri.
Oggi diversi papà si trovano nella tua stessa condizione, ma hanno smesso di lottare. Che messaggio vuoi dare a questi padri?
Vorrei che nessun altro papà si sentisse solo, dobbiamo tutti assieme cercare di “trasformare” questa mentalità arcaica nel coraggio di avere scelte che tutelino i figli. I nostri bambini devono avere la possibilità di ricevere i nostri stessi valori per sperare in un futuro migliore. Noi padri siamo le loro radici, le mamme sono le ali. Senza radici non si può crescere, senza ali non si può volare perciò voi papà non abbandonate mai i vostri figli e siate superiori a qualche mamma che fa mancare le radici e al contempo taglia le ali ai propri bambini.
Cosa invece vorresti dire oggi al tuo N.?
È facile: “Papà c’è!”
Eveline Bentivegna