“Spesso i giovani di oggi non sono abituati al fatto che le cose possano anche andar male”. Dominique Brühlmann conosce bene l’attuale situazione dei giovani nel mondo del lavoro e della
scuola, per questo ci ha presentato durchstart., l’associazione fondata per restituire una visione positiva del futuro a quei giovani che dopo un passato o una situazione difficili non si aspettano più grandi cose dalla propria vita
A chi si rivolge il programma durchstart.?
Soprattutto ai ragazzi, che si trovano in mezzo ad una ‘multi-problematica’, come lo chiamiamo noi. Può essere che non abbiano trovato un posto di apprendistato, o che abbiano problemi familiari, di debiti e così via, insomma diverse situazioni che per un giovane sono difficili da gestire, soprattutto se è lasciato solo.
Di cosa si tratta?
Nel nostro programma il partecipante è al centro delle attenzioni. Cerchiamo di capire cosa vuole veramente il ragazzo e lo aiutiamo a trovare la sua strada in questo percorso che dura sette mesi.
In un primo momento si fa il punto della situazione, si considera il potenziale del partecipante, vediamo come è messo a livello di formazione, di autostima ecc. Capiamo quali sono i loro punti di forza, i loro talenti e iniziamo a creare una visione per il futuro professionale, nei mesi che seguono si lavora su questo.
Si tratta di una struttura giornaliera: da lunedì a venerdì, il ragazzo si trattiene dalla mattina alla sera, devono garantire una partecipazione di almeno al 50%. Abbiamo voluto includere nel programma il pranzo insieme, proprio per l’importanza della componente sociale. Inoltre, questi giovani tante volte mangiano solo cibo poco sano, spesso da soli, davanti alla televisione o in giro. Qui, invece, cuciniamo insieme, solo pasti freschi, e si mangia tutti insieme. Alcuni, addirittura, ci hanno detto che non avevano mai mangiato qualcosa di così buono e sano. A questo si aggiunge anche che tanti prendono soldi dall’assistenza sociale che spendono solo per cibo alla veloce e economico. Noi gli insegniamo, invecce, che con poche risorse economiche si possono cucinare pasti sani e buoni.
Come si rivolgono a voi questi giovani?
Abbiamo dei cosiddetti ‘fornitori’, tra questi ci sono gli enti sociali o l’assicurazione invalidità, ad esempio, che ci assegnano i ragazzi. Questi enti, cioè, gli consigliano di venire da noi, ma poi sono i ragazzi a prendere la decisione di venire da noi. L’obiettivo – e questo è importante da dire – è di integrare questi giovani nel mondo del lavoro “normale”, quindi non in posti di lavoro protetti. Nella nostra rete ci sono anche i centri di informazione professionale.
C’è una lezione specifica che cercate di impartire ai ragazzi?
Sono diverse in realtà. Intanto facciamo molti progetti di gruppo, il mondo del lavoro cambierà tantissimo nei prossimi anni, fra dieci anni diverse professioni non esisteranno più, mentre ci saranno lavori che oggi ancora non esistono, noi cerchiamo di preparare i ragazzi a questo fenomeno considerando in modo particolare la digitalizzazione.
I lavori come cassiera o assistente alla vendita al dettaglio, quindi lavori considerati di livello più basso, molto probabilmente non ci saranno più. Per questo, con il nostro programma, dobbiamo preparare i giovani ai cambiamenti che verranno.
Solitamente mettiamo in piedi un progetto, anzi, loro decidono quale progetto vogliono seguire. Con l’attuale gruppo di sette ragazzi, per esempio, è stato realizzato un food-truck, un furgoncino per la vendita di cibo caldo. Noi abbiamo aiutato alla pianificazione e alla realizzazione, ma il resto lo hanno dovuto fare loro. Questi giovani non sono abituati al lavoro in gruppo, spesso non immaginano che in un team ognuno abbia il proprio compito, ma che è necessaria la partecipazione di tutti per realizzare il progetto: questa è una bella lezione che nel futuro mondo del lavoro sarà fondamentale.
Li lasciamo commettere anche errori, spesso i giovani di oggi non sono abituati al fatto che le cose possono anche andar male e non sanno gestire la situazione di un fallimento. Noi dobbiamo insegnare anche questo, che a volte si riceve un ‘no’, che si può andare avanti lo stesso e che si cresce proprio da queste esperienze.
Quali sono le difficoltà maggiori?
Può capitare, ad esempio, che un solo episodio minimamente negativo, dopo magari tre mesi di successo, possa gettare il ragazzo nello sconforto e che non voglia più continuare. In questi casi ci impegniamo al massimo per poter portare avanti il progetto, anche se non sempre è possibile. Abbiamo fatto l’esperienza con un partecipante di essere riusciti a continuare. Loro capiscono di non essere soli con il loro “bagaglio”, ma che ci sono anche altri come loro e in situazioni simili. In questo modo nascono dei gruppi davvero molto misti e molto belli, i ragazzi si comprendono molto bene e si sostengono a vicenda. Ciò che non tolleriamo assolutamente sono il consumo di droghe, violenza e razzismo.
Come valuta la situazione del lavoro di oggi?
Critico fortemente la situazione odierna dove il mondo del lavoro considera solo i migliori. In Svizzera ormai siamo solo allenati alla prestazione, è uno sfruttamento totale delle persone, e questo non può essere!
Il lavoratore non viene considerato come elemento importante dell’impresa e se invece lo si facesse, tutti ne gioverebbero. Ci sono anche persone a cui, se gliene dà la possibilità, risultano collaboratori formidabili, ma magari inizialmente hanno bisogno di maggiore sostegno. E per i giovani questa è una situazione molto difficile.
Perché non si prendono sul serio i giovani?
È sempre stato così, che i giovani parlano un’altra lingua, cercano di staccarsi dagli adulti e per questo, spesso, non si prendono sul serio. Il problema è che quando ti senti dire sempre che non sai fare niente e che non arriverai in nessun posto, non è bello. Bisogna prenderli sul serio cercando sempre di capire insieme quali sono le migliori soluzioni, anche se magari si tratta si soluzioni nuove.
Manuela Salamone
Per maggiori informazioni: www.durchstart.ch