Il Consiglio federale vuole rafforzare la posizione delle lingue nazionali nella scuola
Alle lingue nazionali deve essere accordato il giusto spazio nella scuola dell’obbligo. Il Consiglio federale sottopone a discussione tre possibili varianti per armonizzare l’insegnamento delle lingue, nel caso in cui i Cantoni non attuassero la loro strategia linguistica.
Con un’integrazione dell’articolo 15 della legge sulle lingue, si vuole sostenere l’armonizzazione dell’insegnamento delle lingue nella scuola dell’obbligo. L’obiettivo è di definire la posizione delle lingue nazionali nell’insegnamento. La revisione deve però tenere conto anche delle competenze cantonali in ambito scolastico e delle differenze linguistico-regionali. Il Consiglio federale propone tre varianti:
La variante 1 riprende il testo dell’iniziativa parlamentare depositata dalla Commissione della scienza, dell’educazione e della cultura del Consiglio nazionale (14.459): è circoscritta alla scuola elementare e stabilisce che l’insegnamento della seconda lingua nazionale debba iniziare al più tardi nella quinta classe (che corrisponde al 7º anno scolastico, secondo il concordato HarmoS).
La variante 2 recepisce a livello di legge la soluzione del concordato HarmoS: stabilisce che la prima lingua straniera deve essere insegnata al più tardi a partire dalla terza classe e la seconda a partire dalla quinta. Una delle due lingue straniere deve essere una seconda lingua nazionale, l’altra l’inglese.
La variante 3 garantisce sul piano formale la posizione della seconda lingua nazionale: stabilisce che l’insegnamento della seconda lingua nazionale deve iniziare nella scuola elementare e proseguire fino al termine del livello secondario I.
Il Consiglio federale propende per la terza variante e apre la consultazione sulla revisione della legge sulle lingue, perché in alcuni Cantoni è messo in questione – a partire dall’anno scolastico 2017/18 – l’insegnamento di una seconda lingua nazionale nella scuola elementare.
La procedura serve a far sì che le possibili soluzioni possano essere discusse per tempo. Analizzati i risultati della procedura di consultazione, il Consiglio federale valuterà con i Cantoni (attraverso la CDPE) i passi più opportuni da intraprendere. Accoglierebbe tuttavia con favore una soluzione comune negoziata dai Cantoni. Se però tutti i Cantoni dovessero attuare la strategia linguistica concordata nel 2004, non sarebbe più necessario modificare la legge.
Il plurilinguismo è un tratto distintivo essenziale del nostro Paese. La Costituzione federale ne tiene debitamente conto, conferendo alla Confederazione e ai Cantoni un ampio mandato di politica linguistica: è un compito comune di Confederazione e Cantoni tutelare e promuovere le lingue nazionali e rafforzare la comprensione fra le diverse comunità linguistiche del Paese. Affinché la qualità e la permeabilità dello spazio formativo svizzero siano garantite, le disposizioni costituzionali introdotte nel 2006 obbligano i Cantoni ad armonizzare il settore scolastico. Se i Cantoni non riescono ad accordarsi, la Confederazione ha la competenza sussidiaria di intervenire.
Con la strategia linguistica del 2004, i Cantoni hanno adottato una soluzione per armonizzare l’insegnamento delle lingue straniere, soluzione confluita in seguito nel concordato HarmoS. La soluzione è vincolante per tutti i Cantoni che hanno aderito al concordato, ma ha effetti indiretti anche per gli altri Cantoni.
In alcuni Cantoni non è stata attuata o lo è stata soltanto in parte. In altri sono in corso tentativi per revocare la soluzione di armonizzazione adottata. Questo svantaggerebbe la seconda lingua nazionale e costituirebbe una minaccia per la comprensione fra le comunità linguistiche. Secondo il Consiglio federale, per ragioni di politica istituzionale ed educativa, nel caso in cui i Cantoni non dovessero riuscire ad accordarsi, sarebbero necessarie regole armonizzate sull’insegnamento delle lingue nazionali.