L’Unione europea finanzia con 11 milioni di euro una sperimentazione per la terapia dell’ictus
La morte improvvisa di Lucio Dalla, colpito da un infarto fulminante appena dopo che aveva fatto colazione in un albergo di Montreux ed era rientrato in camera, ci mette di fronte ad un evento inaspettato e definitivo. Ma l’infarto non è solo “fulminante”, spesso diventa una menomazione, nel senso che la parte colpita o non guarisce o guarisce poco o comunque comporta una terapia per poter avere una qualità della vita accettabile. E’ così per l’infarto al cuore ed è così, più o meno per l’ictus cerebrale, che rappresenta la seconda causa di morte nei Paesi industrializzati. Lasciamo da parte – anche perché ne abbiamo parlato tante volte – la necessità dei controlli ad una certa età, e lasciamo da parte anche la necessità di prevenire queste malattie con uno stile di vita sano, fatto di movimento e di dieta appropriata, e parliamo – anche perché è la notizia del momento – di quando uno malauguratamente viene colpito dall’ictus. Intanto i numeri. In Europa l’ictus uccide mille persone al giorno, una ogni 90 secondi, quindi in totale circa 365 mila persone. Una città di medie dimensioni che scompare all’anno. Queste, però, sono solo le vittime, ma ci sono i “feriti”, cioè quelli che sopravvivono e sono soggetti a disabilità più o meno gravi. Pensate, per ogni vittima che ne sono due che non muoiono, ma vivono, appunto, in condizioni di disabilità, con difficoltà di ogni tipo e con costi sanitari che ognuno può immaginare. Quindi, ad essere colpiti, in Europa, sono più di un milione di persone all’anno. L’Unione europea ha stanziato 11 milioni di euro per finanziare una ricerca a cui collaborano 60 università e 25 ospedali di Stati membri. L’ipotesi, a dire la verità più che un’ipotesi, è che intervenire subito, entro almeno sei ore dal momento dell’ictus, può salvare parecchie migliaia di persone e soprattutto recuperarne parecchie altre alla salute e ad una qualità della vita quasi come la normalità.
Non c’è dunque solo il pronto intervento in caso di ictus, c’è anche e soprattutto il tipo di terapia da seguire. L’ipotesi che verrà sperimentata e sottoposta a verifiche è che raffreddando subito il cervello, sottoponendolo a ipotermia, e portandolo ad una temperatura di 34-35 gradi, si riduce il suo fabbisogno di ossigeno e dunque significa proteggerlo e preservarne le sua capacità e funzioni in un momento in cui è sottoposto ad un attacco grave ai suoi neuroni. L’Europa scommette su quest’ipotesi e per l’occasione si è costituito un consorzio al quale hanno aderito comunità scientifiche e unità sanitarie ben oltre il numero di coloro che dovranno procedere alla sperimentazione. In Italia, per la cronaca, di EuroHyp (questo il nome del consorzio) si occuperà l’Università La Sapienza e Cattolica di Roma, il San Raffaele e l’ospedale Niguarda di Milano. La tecnica del raffreddamento è seguita con interesse anche dal-l’Agenzia spaziale europea, per le possibili applicazioni durante i futuri viaggi spaziali. Ecco l’opinione di Francesco Orzi, responsabile per l’Italia dello studio finanziato dall’Ue e direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’ospedale Sant’Andrea (Università La Sapienza) di Roma: “Portare il cervello colpito ad una temperatura di 34-35 gradi centigradi costituisce l’intervento protettivo con maggiore probabilità di successo. Nelle sperimentazioni ha dimostrato di poter ridurre di un terzo il volume dell’infarto cerebrale”. Se la sperimentazione avrà successo, già nel 2016 si potrebbero avere 14700 decessi in meno e 25 mila sopravvissuti in più all’anno senza menomazioni fisiche. [email protected]