Renzi: “Ciascuno, quando voterà sì o no, pensi se sia giusto che 10mila persone perdano il posto”
Mentre gli “oil men” della Greenpeace, lo scorso sabato hanno organizzato manifestazioni in 22 città di tutta Italia per invitare gli elettori a partecipare al referendum sulle trivellazioni del prossimo 17 aprile, votando ‘sì’, il Comitato Ottimisti e razionali invita gli italiani a “non” andare a votare al referendum sulle trivelle del 17 aprile. Secondo Gianfranco Borghini, presidente del comitato, si tratta di “un referendum ingannevole e dannoso”. La produzione italiana di gas e di olio (a terra e in mare) “copre, rispettivamente, l’11,8% e il 10,3% del nostro fabbisogno – sostiene Borghini e continua – in euro questo significa 4,5 miliardi all’anno di risparmio sulla bolletta energetica. Le piattaforme offshore che si vorrebbero chiudere forniscono fra il 60 e il 70% del gas nazionale che utilizziamo in casa o nelle attività produttive”. Se dovessimo rinunciare a questa energia, secondo Borghini, “sarebbe uno spreco assurdo”. Borghini poi parla dei danni al turismo: “il 50% del gas viene dalle piattaforme che si trovano nell’alto Adriatico; nessuna delle numerose località balneari, a cominciare dalla splendida Ravenna, ha lamentato danni. Anzi, il turismo balneare è cresciuto così come sono cresciute le spiagge cui Legambiente conferisce la goletta verde”. E poi sull’estrazione di gas “esercitano un controllo costante e stringente l’Ispra, l’Istituto Nazionale di geofisica, quello di geologia e quello di oceanografia. C’è il controllo delle Capitanerie di porto, delle Usl e delle Asl nonché quello dell’Istituto superiore di Sanità e dei ministeri competenti. Mai sono stati segnalati incidenti o pericoli di un qualche rilievo”. Infine, conclude Borghini, “questa attività non costa nulla ai contribuenti ma dà molto al paese: 800 milioni di tasse, 400 di royaties e concessioni, 300 di investimenti in ricerca. Dà lavoro diretto a più di 10.000 persone e concorre col settore a dare lavoro a più di 100 mila persone”.
Renzi: “Segreteria Pd è per astensione”
“Che il Pd dia un’indicazione non significa che non ci sia la piena possibilità per chiunque, senza intervento della segreteria, di fare quel che crede”. “Il principio di far fallire un referendum” con l’astensione, ha detto il presidente del Consiglio davanti al congresso nazionale dei giovani Pd, “il partito padre del nostro lo ha già più volte espresso. Andate a vedere le dichiarazioni dei leader del Partito democratico della sinistra nel 2003 sul referendum sull’articolo 18. Non fatevi prendere in giro”.
“Ciascuno, quando voterà sì o no, pensi se sia giusto che 10mila persone perdano il posto” e “lasciare lì petrolio che poi utilizzeranno altri, ad esempio i croati – sottolinea Renzi e continua – dall’unità d’Italia abbiamo estratto circa 200 milioni di tonnellate di petrolio e 767 miliardi di metri cubi di metano. Tutto questo non ci serve a essere indipendenti energeticamente ma ci aiuta ad avere una parte delle riserve”, ha detto Renzi. “Sapete qual è il quesito? Non ‘volete vivere in mondo meraviglioso con pale eoliche su cui noi siamo leader’ o ‘con il petrolio che vi esce dalle orecchie’, non è questo: il referendum è ‘volete che quando scadranno le concessioni vengano fermati i giacimenti in attività anche se lì c’è ancora gas e petrolio?”. Noi pensiamo che finché ce n’è in sicurezza si debba tirare fuori quel che c’è, poi si smonteranno le infrastrutture”.
Dopo le critiche avanzate dalla minoranza dem, Roberto Speranza, parlando con l’Adnkronos ha detto che “apprendo dal sito dell’Agcom che il Pd avrebbe assunto la posizione dell’astensione al referendum di Aprile sulle trivelle in mare. Spero che ciò non sia vero”. In una nota, Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, hanno dichiarato che “se il referendum passerà l’Italia dovrà licenziare migliaia di persone e comprare all’estero più gas e più petrolio. Ecco perché la segreteria pensa che questo referendum sia inutile. Chi vuole dare un segnale politico, fa politica: non spende 300 milioni del contribuente. Ma non raccontiamo che è un referendum contro le nuove trivellazioni, non raccontiamo che è un referendum che salva il nostro mare (anche perché a quel punto le aziende non smonteranno le trivelle che resteranno per sempre nel mare, anche se non operative)”.
Le manifestazionidella Greenpeace
“Il no alle trivelle – spiegano i volontari Greenpeace, vestiti di nero e con mani e volto sporchi di una sostanza oleosa simile al petrolio – è anche un no alla politica energetica del governo fondata sulle vecchie e sporche fonti fossili”.
Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima sottolinea: “il 17 aprile gli italiani hanno la possibilità di fermare le piattaforme più vicine alle nostre coste. Producono solo il 3% del gas di cui l’Italia ha bisogno, e lo 0,8% del nostro consumo annuo di petrolio, ma lo fanno inquinando, e molto. Come dimostra il rapporto ‘Trivelle Fuorilegge’ di Greenpeace, che evidenzia concentrazioni preoccupanti di sostanze tossiche e cancerogene nei fondali vicini alle piattaforme e nelle cozze che ci crescono sopra”.
Secondo Greenpeace, “il voto del 17 aprile ha una portata politica più ampia del merito tecnico del quesito referendario. È una data in cui si potrà democraticamente smentire l’indirizzo energetico del governo, che da due anni a questa parte ha individuato nelle misere riserve nazionali di gas e petrolio l’unico orizzonte di sviluppo energetico per il Paese”.