I rapporti italo-svizzeri nel senso della storia
R I C O R D I
Il cielo era grigio. Quel colore bigio tipico delle città della Mitteleuropa. Chi è stato a Parigi, come lo scriba, per un decennio, non ne è sorpreso. Parlo di Milano, legata al mio cuore da un sentimento antico, il ragazzo che domandava a sua madre cosa mai ci fosse dietro i pizzi della sua Valtellina.
La risposta era sempre la stessa: Milano. La Milano, con gli agglomerati, che seppe integrare qualche milione di cittadini del mezzogiorno italiano nell’abbraccio dei sentimenti buoni e solidali. La Milano che ti lascia una speranza, anche se, nel frattempo, hai trovato solo un misero giaciglio dentro quel palazzone scuro sui navigli o in un putrido abbaino di piazzetta Carrobbio. La Milano dai capannelli brulicanti sino a notte inoltrata in piazza del Duomo a parlare di tutto e di più. E chissà quanti sacramenti, nel senso di mezzi moccoli e finti litigi, udì la Madonnina che li osservava, benevola, lassù, nel mentre vegliava il sonno dei giusti con lo sguardo rivolto alle vette lontane in perenne ricerca di Dio nell’immensità dell’azzurro stellato. La Milano della cultura e delle sue università, in una delle quali cercasti, invano, di vincere la sfida della tua povertà. La Milano che, di colpo, si arresta, colpita da un senso di peso e stanchezza, per poi rialzarsi, più viva, laboriosa, tenace che mai. La Milano a cui Leonardo Da Vinci ha donato il dipinto con l’ Uomo attorniato dai suoi commensali e comprendi dai volti che, forse, a qualcuno di loro sfuggì il senno e il mondo annerì nel buio di un arcano mistero. La Milano di Verdi, il maestro che vergò il “Va pensiero” destinato agli invitti che diedero il là alla riscossa dell’italico volgo. E più tardi, oltre il mezzo del secolo appena concluso, la Milano di Brera, il Giuan e di Gianni Rivera.
Chissà cosa ha pensato l’algida Widmer-Schlumpf, la consigliera dei Confederati Elvetici, osservando il nuovo Skyline meneghino, nel mentre approdava a Milano per andare all’incontro con Pier Carlo Padoan, il ministro italiano. Ed io, mi dico, era ora e persino un po’ tardi. La storia del popolo italico nella terra dell’invitto arciere. La storia dei veneti e piemontesi che, un secolo e mezzo or sono, abbatterono il granito del maestoso Gottardo per aprire la strada al mostro sferragliante a vapore e molti di loro perirono, si disse trecento e di più, colpiti dal morbo che toglie il respiro e annebbia le menti. La storia di chi perse, nel tunnel del Lotschberg, all’inizio del secolo scorso, la sfida con il proprio destino nel mentre faceva brillare la mina per abbattere un pezzo di roccia e al minatore, dal volto più nero che mai, nascose l’insidia mortale. Cedette, il masso, travolto dal fiume nascosto negli antri del Caronte infernale, portando con se venticinque umili eroi a cui nulla il destino concesse, nemmeno il saluto nel mentre ogni umano ritorna alla terra per l’ultima meta. Solo a uno di loro fu concessa una bara e la prece. E a Kandersteg, ove avvenne l’esequia, si dice che, da allora, c’è un’anima che vaga all’ingresso del tunnel e chiama i compagni sepolti nel ventre del monte con quel grido che è privo di voce, e perciò, più straziante che mai. E poi fu Mattmark , nel 30 di Agosto dell’anno diciannove e
sessanta più cinque. Il sole indorava la valle e il lago nato imprigionando le acque del torrente schiumoso e nessuno pensava all’ immane saracco di ghiaccio che avrebbe travolto gli umani e le cose in un ammasso di legni spezzati di fango e di ghiaccio , di sangue e di resti dei vinti. Furono cento le anime perse – elvetici, emigrati della già Iugoslavia e altrove, e poco meno di sessanta di nostri patrioti italiani. Giorni fa, al Senato della repubblica, si è tenuta una cerimonia. Un convegno per inaugurare il museo che dà smalto alla dovuta memoria. Nell’otto di Agosto, da anni, e per il futuro che verrà, si celebra la giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. Chi scrive è parte di quelli che vivono, o hanno vissuto, tra i tanti umani dai volti scavati dalla fatica e dal peso degli anni. Ricordiamoli, allora, quelli a cui il destino concesse solo miseri anni di vita. San Gottardo, Lotschberg, Mattmark , luoghi e simboli degli eroi italiani in Svizzera. Mille miglia più a nord, nella terra dei belgi valloni, riposano tanti altri compagni la cui sorte indicò lo stesso destino.
Nel segno di Verdi, dal “coro un pensiero.”