Riceviamo e pubblichiamo la risposta di Maurizio Raviola alla lettera del Console di Basilea, Pietro Maria Paolucci
Gentile Direttore,
L’intervento del Console a Basilea Pietro Maria Paolucci, apparso nell’edizione corrente de La Pagina, sotto il titolo “Console Pietro Maria Paolucci: il punto della situazione attuale” lascia francamente perplessi, non tanto per le utili considerazioni che l’autore mette in bella evidenza, quanto invece per le molte cose che il Console non dice o su cui preferisce sorvolare con diplomatica eleganza.
Trattandosi infatti di un articolo sui temi e sui risultati del lavoro consolare, in un Ufficio così importante come è quello di Basilea, uno si aspetterebbe di trovarvi più dati numerici, più comparazioni con gli anni passati, più notizie sui nuovi programmi digitali, più indicazioni sul rilascio, per esempio, dei passaporti e delle carte di identità, e, inoltre, più notizie sui tempi medi di attesa, sulla lunghezza delle code, sul numero di impiegati attivi agli sportelli, sulla semplificazione dei passaggi elettronici, etc. etc.
E, invece, niente. Il Console si premura di informarci che la mobilità dei connazionali a lui pare eccessiva e che “la dilatazione del servizio (?) e il numero dell’organico rispetto alla collettività non ci danno una grossa mano”. Come al solito, la colpa sembra essere dei cittadini e degli utenti, apparentemente troppo mobili e indisciplinati. È proprio il caso di dire: mannaggia a voi!
Scrive ancora il Console che “i miei predecessori hanno cercato di ottimizzare e razionalizzare i servizi alla collettività cercando di farli coincidere con la realtà delle risorse umane: ottimizzazione, che è proseguita fino a oggi con un notevole incremento dall’inizio della pandemia”. Parole – ci sembra – di non facile comprensione, che lasciano intendere però che molto si è fatto e molto si continua a fare.
Sia chiaro: noi abbiamo il massimo rispetto del Console Paolucci, ma ci dispiace dover notare la sua predilezione per le parole astratte e per i concetti indeterminati. Egli discetta infatti di “ottimizzazione”, “razionalizzazione”, “piattaforma web”, si sofferma inoltre sugli “incrementi” e sulla difficoltà di “far coincidere” gli sforzi coi risultati.
Non aiuta, ci sembra, parlare genericamente di “incrementi”, una parola, questa, che sembra riscuotere il gradimento del Console. Se è consentita, su questo punto, una divagazione ‘extra vagante’, vorremmo osservare che la parola “incremento” fu cara al Fascismo, che non gradiva infatti che si parlasse di “aumento”, espressione ritenuta troppo fiacca e poco consona al virile movimento dei Fasci. Al tempo del Fascismo, l’Italia registrava incrementi in tutti i campi, ma non, assolutamente non, miserevoli aumenti.
Come se non bastasse, il Console ha un debole per l’aggettivo “costante”. Parla infatti di “costante monitoraggio”, e, ancora, di “costante sollecitazione all’utilizzo del programma Fast-it” (ma perché i connazionali respingono siffatto programma?). Con la medesima costanza, il dr. Paolucci tiene a ricordarci “le piattaforme per la esistenza in vita”, anch’esse poco gradite, a quanto pare, alla maggioranza degli utenti, per ragioni, dobbiamo ritenere, di natura scaramantica. Alla fine, il Console decide però di darci una bella notizia. Apprendiamo, infatti, che l’ufficio consolare di Basilea “offre all’utenza il 50 per cento del servizio in più rispetto alla fase pre-pandemica”. Ecco infine un’importante indicazione numerica (+ 50 per cento). Come è facile capire, è ora un gioco da ragazzi dedurre da quest’unica variabile tutte le grandezze non conosciute…
Infine, il Console si premura di avvertirci che “avremo per un periodo relativamente lungo (dai due ai tre mesi) una contrazione per dimissioni volontarie, che consentiranno, almeno, di poter assumere forze nuove e, si spera, (si spera) ben motivati”.
Dulcis in fundo: “Il Consolato continuerà a ricevere esclusivamente su appuntamento”. Dunque, nessuno si azzardi a presentarsi di persona davanti alla sede consolare chiedendo magari di essere ricevuto. Ciò è vietato, anzi, è vietatissimo, o per dirla con linguaggio teutonico: polizeilich verboten.
Maurizio Raviola
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