La notizia, del Wall Street Journal, è stata smentita dall’amministrazione Usa ma non dai comandi militari
Il Wall Street Journal ha pubblicato una notizia secondo la quale entro l’anno prossimo tutte le truppe americane in Afghanistan – circa 97.000 – faranno ritorno a casa. Prima del previsto, dunque, visto che il tempo fissato era la fine del 2014. La notizia è stata smentita, ma a volte le smentite sono di quelle che confermano la notizia, e così è stato anche in questa occasione. Infatti, i militari stanno valutando seriamente questa possibilità, il che la dice lunga sulla smentita. La domanda, piuttosto, è: perché quest’accelerazione? Intanto, precisiamo: come detto, il ritiro era previsto entro il 2014, in Afghanistan sarebbe rimasto solo un contingente di forze specializzate da affiancare ai militari locali. I motivi del possibile cambiamento delle decisioni sono di tipo strettamente militare, ma non è escluso che quello elettorale giochi un fattore importante. Vediamo come e perché. La strategia militare e politica adottata dal Generale Petraeus in Iraq diede a suo tempo risultati positivi. Essa consistette nel recuperare alla pacificazione nazionale le frange di popolazione filo Saddam Hussein e diventate estremiste in seguito alla sconfitta e alla morte del leader. Dialogare con i capi tribù e offrire alla popolazione garanzie di sicurezza e di lavoro, coinvolgendole nelle decisioni e nel potere locale, diede ottimi risultati, tanto è vero che sono già due le elezioni democratiche che si sono svolte dopo la caduta di Saddam Hussein. Certo, bisogna sempre precisare che ogni risultato democratico in Iraq, come nei Paesi arabi in generale, non è mai un fatto acquisito. E infatti c’è apprensione sugli scenari che si potrebbero sviluppare dopo la partenza dei militari americani dall’Iraq, che dovrebbe avvenire entro la fine di quest’anno, cioè fra poche settimane. Va precisato che dopo le seconde elezioni democratiche ci sono voluti 8 mesi prima di raggiungere un accordo di governo, peraltro precario. Ma la situazione è questa. Ritornando all’Afghanistan, Petraeus prima e i suoi successori dopo, tentarono di adottare la stessa strategia, solo che in Afghanistan ha funzionato molto di meno. I talebani che si sono convertiti alla moderazione e alla collaborazione sono pochi; quanto alle popolazioni dei villaggi, esse in molti casi non sanno cosa fare esattamente perché non è chiaro come andrà a finire e dunque hanno paura, ciò aumenta il rischio che il processo di democrazia e di pacificazione si frantumi alle prese con la dura realtà. Di qui, complice la crisi economica e le difficoltà di diversi Paesi di far fronte a spese militari pesanti, l’idea di accelerare il ritiro. Il quale non è sicuro che avvenga prima del tempo in quanto dipende dalla verifica di un altro tentativo da parte degli alleati. Di che si tratta? Vogliono sostanzialmente anticipare i tempi dell’autonomia delle forze militari locali. Se le forze afgane saranno in grado di controllare la situazione militare sia al fronte che nelle città e nei villaggi, allora l’operazione anticipo si potrebbe fare. In questo modo, il ritiro sarebbe anticipato alla fine del 2012 e in Afghanistan resterebbero solo forze speciali, poche migliaia, per far fronte sia all’addestramento dell’esercito locale, sia a rispondere agli attacchi terroristici e ad intervenire, in ogni caso, con operazioni di commando, come è successo quando è stato stanato e ucciso Osama bin Laden in Pakistan. Se, invece, le forze locali non dovessero essere all’altezza del compito di assicurare ordine e democrazia al loro Paese, allora avrebbe ragione la Casa Bianca ad aver smentito il piano dei comandi militari. Insomma, tutte e due le opzioni sono valide e restano in piedi: la scelta della nuova opzione rispetto a quella già decisa dipende dal grado di capacità dei militari afgani di garantire un futuro di relativa tranquillità. È evidente, però, che il ritiro anticipato sarebbe visto con occhio favorevole dalla Casa Bianca. La decisione, infatti, dovrà essere presa nella prossima estate, quando, cioè, si è in piena campagna elettorale. È chiaro che l’annuncio del ritiro anticipato darebbe una grossa spinta alla rielezione di Obama, ora in bilico, perché potrebbe dire agli americani di aver chiuso due guerre ereditate dal passato e dalle passate amministrazioni repubblicane (Iraq e Afghanistan). Tutto questo, unito al successo conquistato, e forse ancora mantenuto, per aver ucciso Osama bin Laden, potrebbe essere determinante per la rielezione. A meno che, nel frattempo, non sarà scoppiata la grana Iran, che esploderà comunque, ma se accadrà dopo le elezioni per l’attuale presidente è senz’altro meglio. [email protected]