Il film del regista italiano sui rifugiati di Lampedusa è il miglior film!
“Film eccitante e originale, la giuria è stata travolta dalla compassione. Un film che mette insieme arte e politica e tante sfumature. È esattamente quel che significa arte nel modo in cui lo intende la Berlinale. Un libero racconto e immagini di verità che ci racconta quello che succede oggi. Un film urgente, visionario, necessario”. Con queste parole la presidente della giuria Meryl Streep, al fianco del direttore Dieter Kosslick, legge il verdetto che proclama Fuocoammare il miglior Film del 66° Festival di Berlino. Un commosso Gianfranco Rosi ritira l’Orso d’Oro insieme all’inseparabile dottore lampedusano Pietro Bartolo, protagonista del docu-film, che dirige il poliambulatorio di Lampedusa e che da anni compie la prima visita ad ogni migrante che sbarca nell’isola. Quest’anno il Festival berlinese aveva come tema centrale l’immigrazione e l’integrazione e niente in questo campo è stato più eloquente del film del regista italiano. “Il mio pensiero più profondo va a tutti coloro che non sono mai arrivati a Lampedusa, a coloro che sono morti. Dedico questo lavoro ai lampedusani che mi hanno accolto e hanno accolto le persone che arrivavano. È un popolo di pescatori e i pescatori accolgono tutto ciò che arriva dal mare. Questa è una lezione che dobbiamo imparare”. E ha continuato: “Le barriere non hanno mai funzionato, specialmente quelle mentali. Spero che questo film aiuti ad abbattere queste barriere”.
Per girare Fuocoammare, Rosi si è trasferito per più di un anno intero sull’isola di Lampedusa per riuscire a seguire da vicino le vicende e le tragedie umane di chi ogni giorno riesce ad approdare sull’isola nonostante le condizioni estreme del viaggio. Il film racconta la morte, la tragedia di questi profughi che arrivano stremati e senza forze, ma racconta anche delle tragedie che si consumano in mare, è salito sulle navi che prestano soccorso ai migranti per filmare la cruda realtà delle vicende dei profughi e dei migranti. La storia passa dallo sguardo di Raffaele, giovane dodicenne spensierato, dalla vivace immaginazione: fischietta come gli uccellini intorno a lui, tira con la fionda, spara col suo mitra immaginario verso il cielo. Il padre e il nonno di Samuele sono uomini di mare, pescatori, e anche lui si prepara ad affrontare il mare, anche se sa che quello non sarà il suo destino. Ma è subito chiaro, Lampedusa non è un’isola come le altre, è il punto d’approdo negli ultimi 20 anni di migliaia di migranti in cerca di libertà. Samuele e i lampedusani sono i testimoni a volte inconsapevoli, a volte muti, a volte partecipi, di una tra le più grandi tragedie umane dei nostri tempi. È per questo che Rosi dedica e vuol portare il premio a Lampedusa e lo ha per questo consegnato a Bartolo: “Dopodomani porterò l’Orso d’oro ai lampedusani, lo hanno meritato”, dice il medico e continua: “Purtroppo a Lampedusa non c’è il cinema, ma adesso si cercherà di organizzare una proiezione speciale, perché anche la gente del posto possa vedere questo bellissimo film”.
Tutti i premi
Orso d’oro per il miglior cortometraggio: Balada De Um Batráquio di Leonor Teles
Orso d’argento, premio della giuria per il miglior cortometraggio: A Man Returned di Mahdi Fleifel
Orso d’agento, gran premio della giuria: Death in Sarajevo di Danis Tanovic
Premio Audi per il miglior cortometraggio: Jin Zhi Xia Mao di Chiang Wei Liang
Miglior opera prima: Inhebbek Hedi di Mohamed Ben Attia
Premio Bauer per l’innovazione: Lullabay to the Sorrowful Mystery di Lav Diaz
Orso d’argento per il contiributo artistico: Mark Lee Ping-Bing per l’arte cinematografica in Chang Jiang Tu (Crosscurrent) di Yang Chao
Orso d’argento per la miglior sceneggiatura: Tomasz Wasilewski per Zjednoczone stany micocci (United States of Love)
Orso d’argento per il miglior attore: Majd Mastour per Inhebbek Hedi (Hedi) di Mohamed Ben Attia
Orso d’argento per la migliore attrice: Trine Dyrholm per The Commune
Orso d’argento per il miglior regista: Mia Hansen-Love per Things to Come