Tra i siriani delle opposte fazioni il dialogo non è mai nato, ma la causa scatenante è avvenuta sulla richiesta di abbandono da parte di Assad
A settembre la Siria stava per essere attaccata dagli Usa. Motivo: l’uso di armi chimiche sui civili. Non si sa davvero con certezza se ad usare il gas sarin furono il regime o gli oppositori (tra i quali le fazioni terroristiche erano numerose). Gli ispettori dell’Onu non l’hanno mai detto con dovizia di prove, anche se non lo hanno nemmeno mai negato, certo è che se non ci fosse stato l’intervento del Papa a favore della pace, se non ci fosse stata l’incertezza di Obama, nonché l’abilità di Putin di cogliere l’occasione, probabilmente ora il Medio Oriente sarebbe un cumulo di macerie.
Putin, dunque, propose una trattativa di pace che prevedeva la rivelazione da parte di Assad di tutti i depositi di armi chimiche, la loro consegna agli ispettori dell’Onu e la loro successiva distruzione.
La seconda parte della proposta era la riapertura del dialogo tra regime e opposizioni per gestire la fase della pacificazione nazionale. Ebbene, anche se la consegna delle armi chimiche sta ritardando e Usa e Onu stanno spingendo su Putin affinché sia accelerata, è innegabile che su questo punto qualcosa è stato fatto. Il regime sta ritardando la consegna delle armi chimiche non perché non vuole darle ma perché così Assad rimane in sella e guadagna anche tempo con la speranza di gestire lui tutta l’altra fase, quella della pacificazione (o del tentativo di pacificazione).
A Ginevra sotto la regia del mediatore Onu Lakhdar Brahimi è stato già un grosso problema convincere le parti – rappresentanti del regime e opposizioni – a sedersi attorno ad un tavolo. Le pregiudiziali non si contavano. Gli oppositori prima non volevano accettare il dialogo, poi non si mettevano d’accordo in quanti andare, successivamente hanno rifiutato la presenza di Assad. Anche da parte del regime c’era scetticismo sull’esito della trattativa, soprattutto perché mentre il tentativo di Assad era di accreditarsi come l’unico in grado di assicurare un governo, gli oppositori mettevano la pregiudiziale sulla sua persona. Transizione sì, ma non con Assad. Insomma, arrivare in Svizzera è stato un grosso problema.
Ciò che è successo dopo è stato un problema ancora maggiore, perché tra le due delegazioni era stato scavato un gran canyon rappresentato da tre anni di guerra condotti all’ultimo sangue, con violenze inaudite dall’una e dall’altra parte, con attentati attribuiti ai nemici, essendo anche gli oppositori un coacervo di gruppi, anche terroristici, in lotta tra di loro. Insomma, il primo tentativo è andato a vuoto. Dopo qualche mese di scambi all’inizio diplomatici ma poi sempre più duri nei toni e nella sostanza, le delegazioni hanno dovuto prendere atto che il dialogo era impossibile.
Il mediatore Onu Lakdar Brahimi ha dovuto constatare che non c’erano più le condizioni per proseguire quello che non era un dialogo ma uno scambio di insulti. Il diplomatico, tuttavia, ha cercato di non chiudere la porta ad una futura altra trattativa ed ha messo l’accento su fatto che comunque i rappresentanti delle due delegazioni si erano sedute allo stesso tavolo, cosa che non avveniva da tempo.
Diplomazia a parte, i rappresentanti del regime e quelli delle opposizioni erano agli antipodi. Il ministro degli Esteri del regime di Assad, Walid Muallem, ha detto che “i rappresentanti dell’altra parte sono immaturi”, perché si erano intestarditi nel chiedere un cambio di governo che non ha alcuna ragione per avvenire”. Il rappresentante delle opposizioni, Ahmet Jarba accusa i rappresentanti di Assad di essere “sanguinari” e di non capire perché “continuano a difendere Bashar El Assad malgrado a Homs la gente sia affamata al punto di cibarsi di erba e le vittime solo negli ultimi nove giorni sono state 1900, di cui almeno 450 civili”.
Accuse a parte, la rottura è avvenuta quando gli oppositori hanno posto il problema dell’abbandono del potere da parte di Assad. Ed ora? Ci sarà un secondo tempo oppure il dialogo si interrompe? I rappresentanti di Assad hanno detto che ne devono parlare con Assad ma che non ci sarà mai accordo se insisteranno sull’abbandono di Assad, i rappresentanti delle opposizioni, a loro volta, hanno manifestato scarsa intenzione di continuare una trattativa che è un dialogo tra sordi. La parola tornerà agli Usa e alla Russia, ma si prevedono “incomprensioni”.