Enrico Ruggeri apre un dibattito sull’industria discografica innescando diverse polemiche sull’attuale situazione del mercato
Enrico Ruggeri non ha peli sulla lingua e non è nuovo a polemiche che smuovono il campo lavorativo di cui fa parte. L’ultima esternazione è quella dichiarata durante il programma “The shooter” trasmesso sul digitale terrestre italiano e riportato da Huffpost, che ha l’incipit con questa frase: “La buona musica possono farla solo i ricchi. Uno come Mahmood guadagna meno di una baby sitter. Le cose interessanti, le cose innovative e rivoluzionarie possono permettersi di farle solo i ricchi”.
Il cantante, che fece il suo successo negli anni ottanta e novanta con brani come Mistero o Contessa, non le manda a dire e, forte della sua esperienza con le major musicali, ribadisce le sue idee in qualità di persona informata sui fatti: “L’economia e la musica hanno sempre viaggiato su percorsi assolutamente divergenti. Se arriva un ragazzino dal Sud o dal paesino e che vince il talent, non puoi chiedergli di fare la rivoluzione. Quello a mala pena deve sperare che la radio gli passi il pezzo e di rimanere un po’ lì, mantenere la famiglia, avere il riscatto sociale; se invece hai una solidità economica, puoi permetterti di fare le cose che ti piacciono”. Prosegue specificando la situazione anche economica del mondo discografico attuale: “Lo scenario di adesso è quello della musica digitale, dove guadagnano solo le case discografiche e non gli artisti. Un artista di vertice, come Mahmood, se gli fai i conti in tasca sugli utili di Spotify, guadagna molto meno di quella che viene a casa a tenermi i bambini”.
Quindi si disintegra l’immaginario collettivo in cui si pensa che i cantanti guadagnino molto e che il loro mondo dorato sia in realtà meno brillante di quello che sembra al pubblico. Fondamentalmente i soldi ora non si fanno più con la vendita dell’album o del singolo ma con i concerti e con i live. E per poter sostenere un concerto bisogna avere un repertorio adeguato alle spalle. Ciò significa che se si diventa famosi per l’incisione di un paio di hit dell’estate è difficile raggiungere quella solidità economica che permetta di avere le spalle coperte e dettare qualche regola in più alle case discografiche facendo meno musica commerciale e di tendenza.
In più c’è da sottolineare che il “parco cantanti” diventa sempre più corposo proprio grazie al digitale e alla facilità di incisione e di commercio. Il mercato è in continuo movimento con un numero elevatissimo di nuove proposte, di cantanti che mettono la loro musica su you tube e che sgomitano per emergere. Questo non succedeva 20 anni fa quando il percorso per incidere un disco era di tutt’altra difficoltà e si doveva passare attraverso un percorso molto più selettivo.
Per questo Enrico Ruggeri conclude: “Io una volta presi in giro Morandi, gli dissi: ‘Quando tu alla fine degli anni ’60 vendevi un sacco di dischi, l’RCA usava i tuoi soldi per finanziare il primo album di De Gregori, di Venditti, di questi che all’inizio non vendevano… Tu ti scavavi la fossa da solo, finanziando i tuoi curatori fallimentari”.
La polemica è chiara, se non ti chiami Rossi di cognome e Vasco di nome, in Italia i sogni dei giovani cantanti potrebbero rimanere, in futuro, appunto solo dei sogni.
foto: Ansa