Conferenza di conciliazione per legge sulla cittadinanza
Come previsto, sarà necessaria una conferenza di conciliazione per appianare le ultime divergenze tra le Camere federali in merito alla revisione totale della legge sulla cittadinanza. Consapevole del rischio di referendum o addirittura di bocciatura del progetto in votazione finale, il Consiglio degli Stati ha tuttavia deciso di adeguarsi, su una divergenza maggiore, alla versione più restrittiva del Nazionale, stabilendo a dieci anni – invece di otto – la durata del soggiorno in Svizzera prima di poter inoltrare una richiesta di naturalizzazione.
Per ben due volte i “senatori” non avevano voluto saperne e avevano insistito sul periodo più corto. Facendo propri gli argomenti della consigliera federale Simonetta Sommaruga, gli Stati avevano sempre sostenuto che la revisione della legge introduce già un grosso ostacolo per il futuro aspirante cittadino, ossia il possesso di un permesso di domicilio (permesso C), documento che viene rilasciato solo a persone già bene integrate, senza precedenti e non dipendenti dall’assistenza. Imporre un limite di dieci anni avrebbe significato penalizzare proprio le persone che si sforzano di integrarsi al meglio nella società che li ha accolti. Anche oggi Sommaruga ha sottolineato che non è la durata del soggiorno in Svizzera ad essere decisiva, bensì la volontà di integrarsi. Quale esempio, la responsabile del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) ha raccontato di aver appena incontrato un manager anglofono, ora naturalizzato, di un’importante società svizzera e di aver avuto bisogno di un interprete per parlare con lui. “La legge che stiamo dibattendo intende proprio evitare queste situazioni”, ha dichiarato la ministra bernese.
A nome di una minoranza, Peter Föhn (UDC/SZ) ha tuttavia evocato il rischio di un referendum e di una bocciatura dell’intera revisione, rischio che diminuirebbe di parecchio in caso di un allungamento del periodo di soggiorno da otto a dieci anni. Una simile eventualità ha sortito l’effetto sperato. Al voto, la minoranza della commissione l’ha spuntata con 22 voti a 20. Gli Stati hanno fatto un’altra concessione al Nazionale: i Cantoni potranno esigere al futuro naturalizzando una durata sul loro territorio di due-cinque anni. Finora i “senatori” avevano fissato il limite a tre anni. Nessuna concessione invece per altre tre divergenze. Diversamente dal Nazionale, gli Stati hanno confermato per 30 voti a 12 la volontà che gli anni trascorsi in Svizzera da una persona a beneficio di un’ammissione provvisoria, come è il caso dei profughi che hanno dovuto lasciare il Paese di origine a causa di un conflitto armato, vengano tenuti in considerazione nel calcolo della durata di soggiorno. Va ricordato che, in ogni caso, queste persone devono essere in possesso di un permesso C per fare richiesta di cittadinanza.
I “senatori” vogliono poi concedere a un naturalizzato, cui è stata revocata la cittadinanza per aver mentito o nascosto fatti essenziali, di poter presentare una nuova domanda di cittadinanza dopo due anni. Il Nazionale aveva escluso questa possibilità, anche a costo di creare dei sans-papiers.
Per quanto attiene ai giovani, la Camera dei Cantoni vuole favorire quelli tra i 10 e i 20 anni, e non tra i 5 ai 15 anni come il Nazionale, nel calcolo degli anni di soggiorno, che varrebbero il doppio. A marzo il Consigliere nazionale UDC di San Gallo Lukas Reimann ha fatto intendere che i 36’000 stranieri che si sono naturalizzati l’anno scorso in Svizzera sono una spina nell’occhio. Per questo ha presentato una mozione dicendo: “È una richiesta legittima che chi vuole naturalizzarsi rinuncerebbe anche alla nazionalità precedente”. La possibilità della doppia cittadinanza, in atto dal 1992, porterebbe a insicurezze legali, sostiene Reimann, e ci sarebbero più conflitti di lealtà per i doveri civici. Inoltre la naturalizzazione sarebbe scelta spesso per motivi di opportunità: “Si cercano i rispettivi vantaggi e non ci si riferisce più chiaramente ad una patria.”
(Dati: ats)