Anche se due coniugi risiedono in comuni differenti, non hanno diritto all’esenzione IMU sull’abitazione principale, a meno che non risultino ufficialmente separati o divorziati, infatti l’esenzione IMU è rivolta al nucleo familiare. La Cassazione con ordinanza n°4166/19.02.2020 prende una posizione chiara e netta sull’esenzione IMU relativa l’abitazione principale, smentendo l’interpretazione data dal Ministero dell’Economia e Finanze. Secondo i giudici della Cassazione, è “incontestato che il coniuge della ricorrente risieda in altro comune”. Di fatto l’art.13 del dl 201/2011 e l’art.8 del dl 504/1992 per l’ICI, dispongono che per “abitazione principale” si intende l’immobile iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore ed il nucleo familiare non solo vi dimorino stabilmente, ma vi risiedano anche anagraficamente.
I precedenti della giurisprudenza di legittimità e di merito. La Cassazione si era già pronunciata sull’Ici (ordinanza 303/2018), ma lo stesso principio lo ha ritenuto applicabile anche all’Imu. Ha già affermato la regola che non spetta l’agevolazione Ici sull’abitazione principale se l’immobile non viene utilizzato da tutti i componenti del nucleo familiare. L’immobile deve essere adibito a dimora abituale di tutta la famiglia. L’utilizzo come prima casa solo da parte di uno dei coniugi fa perdere il diritto a fruire dei benefici fiscali. Per la Cassazione, «occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari». Pertanto, non spetta l’agevolazione fiscale se l’immobile viene adibito a prima casa solo di uno dei coniugi. Non è sufficiente quindi, per avere diritto all’esenzione il solo dato formale della residenza anagrafica nell’immobile.
Per i giudici della Corte d’Appello, una abitazione può essere ritenuta principale solo ed esclusivamente se nella stessa dimorano abitualmente, sia il contribuente che i suoi familiari. Invece, la quarta sezione della stessa commissione regionale (sentenza 1493/2018) ha riconosciuto l’esenzione Ici nonostante l’immobile non fosse stato utilizzato da tutto il nucleo familiare, ma solo da uno dei coniugi. Nello stesso modo si è pronunciata la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (sentenza 692/2017), la quale ha sostenuto che se uno dei coniugi risiede, per motivi di lavoro, in un comune diverso da quello in cui dimorano i propri familiari non perde il diritto all’esenzione. I problemi sulla prima casa, che si estendono all’esenzione Imu, permangono anche per quanto concerne l’applicabilità dei benefici nel caso in cui vengano utilizzati diversi immobili.
Ci sono state interpretazioni divergenti tra Cassazione e ministero dell’economia e delle finanze. Per la Cassazione (sentenze 25902/2008; 3339 e 12269/2010) quello che conta è l’effettiva utilizzazione come abitazione principale dell’immobile complessivamente considerato, a prescindere dal numero delle unità catastali. Non importa che gli immobili distintamente iscritti in catasto siano di proprietà non di un solo coniuge ma di ciascuno dei due in regime di separazione dei beni. La suddetta tesi, però, si pone in contrasto con quanto affermato dal dipartimento delle finanze del ministero dell’economia (risoluzione 6/2002) sui presupposti richiesti per usufruire dei benefici fiscali. Il ministero ha infatti precisato che due o più unità immobiliari vanno singolarmente e separatamente soggette a imposizione, «ciascuna per la propria rendita». Solo una può essere considerata ai fini Ici come abitazione principale.
Al fine di ottenere l’esenzione dell’IMU, il contribuente, dovrebbe richiedere l’accatastamento unitario degli immobili, per i quali è attribuita in catasto una distinta rendita, presentando all’ente una denuncia di variazione. Il Ministero al fine di circoscrivere l’esenzione IMU, si è pronunciato in merito, asserendo che l’abitazione principale deve essere costituita da una sola unità immobiliare iscritta o iscrivibile in catasto, a prescindere dalla circostanza che, di fatto, venga utilizzato più di un fabbricato distintamente iscritto in catasto. Le singole unità immobiliari vanno assoggettate separatamente a imposizione, ciascuna per la propria rendita. A tutte queste controversie burocratiche legislative, è stata adottata una decisione dell’Agenzia del territorio del 21 febbraio 2002, con la quale si stabiliva che qualora gli immobili siano intestati a soggetti diversi. Per l’Agenzia, se catastalmente viene operata una fusione ai fini fiscali le diverse unità immobiliari possono essere considerate come un’unica abitazione principale.