Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, guida politica e morale della Nazione
Da decenni, ormai, non festeggio più il 31 dicembre.
A ogni fine anno mi assale la tristezza per il tanto, troppo tempo passato sotto il cielo della valle ove vive ancora mia madre con il peso delle sue novantanove primavere spese a inseguire il sogno, troppe volte deluso, di una vita felice per se e i suoi cari.
Fortuna che, oltre allo zingaro, (lo scriba) in perpetuo viaggio oltre le alte montagne retiche della terra natia, ella ha avuto in sorte una figlia che le sta accanto con tutto l’amore di cui è ricco il suo straordinario cuore di donna.
Già, la tristezza e nulla più, mi assale, mentre ascolto il messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, agli italiani. Quel suo parlare lento, pacato, da uomo saggio e forte, ricco di una esperienza storica e umana spesso crudele, come il giorno di un lontano passato – il sei gennaio del millenovecentottanta – in cui accolse tra le sue braccia il corpo insanguinato e morente del fratello Piersanti caduto sotto i colpi della mafia assassina.
Ti parla guardandoti negli occhi – e almeno così sembrami – se quel miserabile schermo non attenuasse l’emozione che traspare dal volto e ancora più dalla voce, trasformata in un sussurro di bontà e amore per la terra a cui il destino, per volontà degli eletti, gli affidò le sorti della patria.
C’ero anch’io, quel giorno, a deporre nell’urna il rettangolino di carta in cui scrissi in puro stampatello il suo nome, a ricordo e ringraziamento della sua sapiente guida in commissione esteri.
Parla, il saggio Presidente, della solitudine in cui vivono tanti nostri compatrioti. Come Anna, la novantenne senza la fortuna di mia madre, che si appellò ai carabinieri per non essere sola la notte di Natale. Sola, con i suoi struggenti e tristi ricordi.
Parla di diritto al lavoro e sicurezza. Che non può essere disgiunta da un sentimento di solidarietà e accoglienza per i disperati che bussano alle nostre porte. Parla da cittadino italiano, chiamato alla più alta carica della repubblica, alzando lo sguardo oltre le alpi per abbracciare l’Europa, dalla cui unità dipende il nostro avvenire di progresso e di pace.
A qualche pagliaccio, chiamato a reggere delicati compiti di governo, viene l’idea – evidente provocazione- del contro messaggio. Racconta del ristabilimento dei confini italiani contro l’invasione dei terroristi; delle organizzazioni del volontariato come di comitati affaristici che guadagnano miliardi sulla pelle dei nostri cittadini; della pacchia finita per chi osa avvicinarsi ai nostri porti. Il volto, la voce, il linguaggio, forse stravolti dalle troppe libagioni in attesa dello sbatacchiare dei campanacci nel saluto all’anno che nasce. Povero il paese che ha in sorte tali governanti e speriamo –ricordando Bertolt Brecht – che nel destino della Patria non vi sarà ancora bisogno di eroi. Milioni di nostri emigrati, in un non lontano passato del secondo dopoguerra, conobbero l’umiliazione dei confini. Del passaggio a dorso nudo, a mostrare il petto e la forza delle braccia destinate ai lavori più gravosi, spesso letali per la stessa vita, nelle terre del nord.
Quegli uomini e quelle donne sono, ora, la ricchezza morale e misconosciuta della nostra Italia. Sono stati portatori dei valori universali della tolleranza e dell’integrazione tra comunità solidali. Figli e nipoti vivono, oggi, da cittadini europei, il cui confine sta nella grandezza dei loro cuori tesi a conquistare il sole di un nuovo avvenire tra liberi e uguali.
Nel frattempo, la Sea Watch 3 e la Sea Eye, con a bordo una cinquantina di disperati – incluse donne in attesa e piccoli infanti – vagano per il mediterraneo alla ricerca di un porto amico a cui approdare per sfuggire ai marosi della tempesta invernale. Il capitano, come lo invocano i miserabili adepti, tira diritto. Andrà a sbattere sugli scogli della vergogna e del disonore. Nel frattempo, Silvia, la giovane volontaria – si sopravvive di ciò che si riceve, ma si vive di ciò che si dona, il suo motto – che riscatta il tricolore, assistendo i derelitti nei miseri villaggi somali kenioti, vive il momento più drammatico della sua esperienza umana nella mani di malvagi e brutali assassini. Speriamo che Dio non sia distratto e la protegga perché possa ricongiungersi presto ai suoi cari.
C’è poco da festeggiare. E che il destino vi sia amico, cari connazionali.
L’augurio, nonostante tutto, di un buon anno 2019 di cuore a ognuno di voi.