Libro parzialmente autobiografico in cui l’autore si identifica in Tagliamare, il personaggio conduttore, così soprannominato dai suoi compagni di avventure marinare, per l’abitudine di stare sul dritto di prora, nei momenti di pausa, a contemplare il mare tagliato dalla prua della nave.
E’ un romanzo di sensazioni alle volte viscerali che, come dalle profondità del mare, emergono in superficie e coinvolgono Tagliamare in densi e trascinanti soliloqui: riflessioni, nostalgie, sensazioni di amore e di odio per quella densa liquidità che lo circonda e per quel ferro che lo raccoglie e lo protegge. Un ferro che si anima di vita propria immerso nell’elemento amniotico, come una placenta che gli da vita.
Tagliamare è un uomo di mare, nato sul mare e da esso trae la sua vitalità che, nei momenti di pause terrestri, trasfonde nella “sua” Clessidra, nome convenzionale dato alla femmina di ogni porto che, come scoglio, lo sottrae ai marosi.
Tagliamare, metaforico, sognatore, non tradisce mai l’amore per il suo mare come non disdegna di rifugiarsi in nostalgici ricordi del suo paese di pescatori, in riva all’Adriatico, piccolo avamposto di vie d’acque comunicanti in immense distese. Ma la sua avventura marinara si spingerà sino a porti lontani. La “Corona Boreale”, che lo tiene a bordo, attraccherà su di un molo sulla sponda della giungla venezuelana e poi nel ferroso porto americano di Newark per continuare nella riparata baia australiana di Botany Bay, non lontano da Sydney.
Nel rifugio dei porti ma soprattutto immerso nella vastità dell’oceano calmo o in fragore, Tagliamare avrà sempre l’occasione per dichiarare il suo attaccamento alla vasta liquidità che lo circonda e in particolare al ferro della nave al quale, nel suo oscuro lavoro di marinaio, sente di appartenere completamente.
Tagliamare ha vinto nel 1994 il Concorso Letterario “Il Romanzo del Mare” organizzato dal Salone del Mare di Roma in collaborazione con il Trofeo Accademia Navale e Città di Livorno.