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22 November 2024
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Minivocabolario

Sessualità

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tebaldiMinivocabolario di Paolo Tebaldi

È la componente fondamentale e più complessa del comportamento umano che riguarda l’attività legata alla perpetuazione della specie e alla ricerca del piacere. Investe l’evoluzione di tutti gli aspetti sociali relativi alle diverse caratteristiche dei generi maschili e femminili. La sessualità accompagna la crescita dell’individuo dall’infanzia all’età adulta coinvolgendo la sua intera esistenza e la vita relazionale.
Storicamente parlando, la scoperta dell sessualità nasce nelle prime aggregazioni dei primitivi con la rivelazione del piacere puramente fisico. Solo più tardi, nel neolitico l’uomo prese coscienza che per la sopravvivenza e la riproduzione del suo gruppo doveva introdurre la pratica sessuale intesa non solo come soddisfazione materiale.
Sigmund Freud, il geniale padre della psicoanalisi, ha individuato tre fasi nello sviluppo della sessualità umana: quella orale, la anale, e, infine, la fallica. L’organizzazione pregenitale della libido si forma nei primissimi mesi di vita del bambino e dura approssimativamente sino al secondo anno di età. L’attività della suzione (allattamento materno) diventa fonte di piacere. L’atto del mangiare si trasforma in possesso degli oggetti. Nel secondo stadio il piccolo utilizza l’eccitabilità erogena della zona anale trattenendo le feci producendo, accanto alla sensazione dolorosa, quella di voluttà. Nella terza fase, che si distingue da quella genitale, propria della pubertà, quando la polarità tra i sessi si identificherà con il maschile da una parte e il femminile dall’altra, il piccolo esce dalla sessualità infantile “polimorfa e pervertita” e organizza tutte le pulsioni parziali intorno alla zona genitale. La maturità sessuale porterà i due generi a cercarsi, incontrarsi e raggiungere il pieno piacere nell’unione dei due corpi.
La sessualità è stata una parola demonizzata per secoli dalla chiesa cattolica perché l’unico scopo della congiunzione fisica di un uomo e di una donna era quello di procreare: «Crescete e moltiplicatevi». La lussuria, l’erotismo, il godimento della carne erano visti come nemici acerrimi della purezza, dell’esaltazione dello spirito, della contemplazione dell’anima, della preghiera, dell’umiltà, del rapporto esclusivo con Dio.
La sessualità se da un lato veniva aspramente combattuta dai preti, nella vita concreta era soprattutto appannaggio, privilegio dei maschi visto che sino alla fine del secolo scorso soltanto il 50% delle donne occidentali aveva conosciuto l’acme supremo del piacere, l’orgasmo. E ciò nonostante esse siano fornite di un apparato psicofisico enormemente più ricco, vario e ricettivo rispetto a quello degli uomini. Sul piano anatomico «sia a livello biologico che a livello psicologico l’ambivalenza sessuale, l’attività e la passività, è inscritta come differenza nel corpo di ogni soggetto e non come termine assoluto legato ad un determinato organo sessuale. Ma questa ambivalenza sessuale profonda è stata culturalmente messa in secondo piano per le esigenze dell’organizzazione genitale e dell’ordine sociale. L’antropologia ha mostrato che la cultura, soprattutto quella primitiva, ha sempre cercato di disperdere questa realtà irriducibile per ridurla semiologicamente alla grande distinzione del maschile e del femminile, intesi come due sessi pieni, assolutamente distinti e opposti l’uno all’altro. Risolta la differenza dei sessi nella differenza degli organi sessuali, la distinzione maschile/femminile fu il primo principio d’ordine intorno a cui si organizzarono le culture primitive che, ad esempio, non conoscevano alcuna forma di lavoro a cui partecipassero insieme uomini e donne. L’opposizione sessuale che diventa opposizione dello spazio e del tempo vissuti rispettivamente dall’uomo e dalla donna, si esprime in opposizione socioeconomica tra un gruppo di produttori e un gruppo di raccoglitori, consumatori, per cui la differenza sessuale, se da un lato è la causa della riproduzione della specie, dall’altra è l’effetto della produzione sociale» (Umberto Galimberti, Dizionario di Psicologia, Istituto Geografico De Agostini). In parole povere, tutto lo sviluppo della società capitalistica e post industriale ha usato il sesso per dividere gli uomini dalle donne, imporre il dominio sociale, economico, politico e culturale dei primi sulle seconde.
I grandi movimenti femminili di emancipazione e di rivolata del secolo scorso e degli ultimi anni non hanno completamente ribaltato questa gerarchia di valori e di classi ed anche sul piano dell’educazione sessuale il mito della superiorità maschile si traveste di attributi meno appariscenti. Resta il fatto che nella stanze del potere, nei consigli di amministrazione, nelle istituzioni, nei ministeri e nei partiti la prevalenza degli uomini è ancora determinante.

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