Un sindaco del nord rimanda indietro alcuni minorenni richiedenti asilo. Una consigliera leghista presa a schiaffi durante la visita di un campo Rom e Salvini subisce addirittura un assalto da giovani bolognesi dei centri sociali. Quando si può parlare di razzismo? È sufficiente fare parte di una parte politica particolare per essere additato come razzista?
Fa ancora discutere e rabbrividire l’azione di un sindaco lombardo, di un comune di Varese, che ha rimandato in Sicilia alcuni minorenni maliani. Sono giunti in Italia, attraverso le coste siciliane, a settembre e da allora vagano da nord a sud senza sapere quale sarà la loro fine, dove potranno intraprendere, una volta per tutte, il giusto percorso di integrazione senza subire discriminazione. Già perché a quanto pare, a detta del responsabile educativo del centro che li aveva accolti, i giovani minorenni avrebbero ricevuto un trattamento discriminatorio direttamente dal primo cittadino del comune del nord che li aveva accolti. Ma il sindaco in questione smentisce le accuse di razzismo e anzi si difende: “Sono stato nominato loro tutore dal Tribunale. Ma non ero in grado di controllarli” dice il sindaco “ho solo fatto rispettare la legge. I lavori richiesti per la sede operativa non erano stati completati, mancava anche l’ascensore. Mica devono stare davanti alla televisione e cuccarsi i soldi”.
Così decide di rimandare i giovani al mittente, ovvero nella terra che li ha lasciati “passare”, che ha aperto loro le porte d’ingresso in Italia. Non è difficile accusare questo primo cittadino di razzismo, a torto o a ragione: come non le ha lui le condizioni adeguate per accogliere e occuparsi di questi giovani richiedenti asilo, neanche una regione come la Sicilia che negli ultimi mesi ne ha accolti a centinaia è dotata di risorse e capacità di poterli accogliere tutti. O forse al sindaco in questione, che invece di centinaia doveva accoglierne solo quattro, era necessario solo un po’ di volontà in più. Sono stati accusati di razzismo anche Lucia Borgonzoni, consigliere leghista del Comune di Bologna e Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, entrambi facevano visita ad alcuni campi Rom per costatarne le condizioni. Quello che però è successo i due leghisti non se lo sarebbero aspettato. La prima è stata presa a schiaffi da una donna del campo nomadi irritata dalla presenza del consigliere, nel secondo caso, Salvini e altri funzionari leghisti, sono stati presi d’assalto da un gruppo di giovani dei centri sociali di Bologna. Il gruppo si è riparato dentro la macchina, ma i giovani, al grido di “razzisti”, hanno preso a colpi di cinghia, sassate e sputi l’auto provocando vistosi danni.
Per Salvini è chiaro che qualcuno ha sbagliato e si tratta di qualcuno in alto. “Sicuramente – ha spiegato – non me la prendo con i ragazzi delle forze dell’ordine in strada. Qualcuno in alto ha sbagliato, ma è chiaro che se questo qualcuno è il ministro Alfano, che usa le navi della Marina per aiutare gli scafisti a portare in Italia i clandestini, non è che mi posso aspettare molto”. Più che il razzismo, il problema principale è la mancanza del buon senso e della sana educazione. Quei ragazzi che hanno assaltato la macchina del segretario della Lega Nord non sono meno condannabili di tanti altri che loro additano come “razzisti” perché ricorrere alla violenza non è mai la miglior soluzione nemmeno se giustificati dai fini più nobili. Non è l’ideologia politica a spingere alle cattive azione, alla violenza, quanto invece l’ignoranza e la cattiva educazione.